Il potere delle coincidenze

Il mese scorso durante una sessione di coaching ho vissuto un’esperienza particolare. La mia cliente evocava alcune sue vicissitudini riguardanti la relazione con sua madre. Questi eventi, in modo molto sorprendente erano in relazione con fatti che facevano parte del mio passato: stessi anni e stessa tipologia di eventi. Durante il suo racconto, ho dovuto fare grandi sforzi per rimanere concentrata sul presente, il famoso “qua ed ora” così importante nella relazione di coaching per non “inquinare” la storia della mia cliente con il mio vissuto.

Tornando a casa, mi sono interrogata su questa strana e sorprendente coincidenza:

  • Perché questa cosa mi stava succedendo?
  • Perché succedeva proprio in un momento della mia vita in cui il mio passato stava rivenendo in superficie con ricordi dolorosi?

 

Siccome non riuscivo a trovare una spiegazione logica a questa incredibile sincronicità, ho deciso di cambiare il punto di vista delle mie riflessioni con domande diverse, come:

  • Cosa mi sta insegnando quanto accaduto?
  • Come usare questa coincidenza per aiutare la mia cliente in modo ottimale?

 

Queste domande mi hanno aiutato ad avere una riflessione più costruttiva che mi ha permesso di restare nel mio ruolo di coach, completamente al servizio della mia cliente e focalizzata sulla sua situazione. Ho spostato la riflessione dalla mia situazione al mio ruolo di coach. Ho considerato le potenzialità della mia cliente piuttosto che i suoi problemi: ho riflettuto sulla sua incredibile forza, sulla sua capacità di valorizzare le sue qualità grazie agli insegnamenti delle sue esperienze passate e sulla sua capacità di tradurle in azioni concrete che facessero del bene a lei stessa e ai suoi collaboratori.

Nelle mie meditazioni ho espresso un profondo senso di gratitudine nei suoi confronti per avermi offerto un esempio di come il passato, benché doloroso, se sublimato, possa essere un dono per sé stessi e per gli altri.

Qualche tempo dopo, ho avuto una ulteriore sessione di coaching con questa stessa cliente. Con mia grande gioia, la mia cliente mi ha raccontato come la sessione precedente l’avesse aiutata a prendere le distanze dal suo passato con azioni concrete sul luogo di lavoro che avevano avuto l’effetto di farla sentire più leggera e più in sintonia con sé stessa e gli altri.

Ero commossa. Ho sentito un’emozione forte in cui si mescolavano un senso di grande connessione con lei, misto a fierezza e gioia.

Questo episodio è solo un esempio di una moltitudine di altre coincidenze di questo stesso tipo che mi sono accadute. Mi sono allora soffermata a riflettere. Ma invece di affidarmi al mio intelletto ho scelto di lasciare parlare il mio cuore e la mia “pancia”. Ho capito che se avessi riflettuto con la testa, sarei rimasta bloccata sulla domanda “perché succedono queste cose?”.

I limiti della conoscenza come la intendiamo oggi

Carl Gustav Jung [1] nel libro “Ma Vie” riporta le sue riflessioni in seguito a una sua conversazione con un Indiano Pueblo del Nuovo Messico: “La conoscenza non ci arricchisce, anzi, ci allontana sempre di più dal mondo mitico in cui, in passato, avevamo diritto di cittadinanza. Distogliamo un attimo lo sguardo da ogni razionalismo europeo e fuggiamo nell’aria limpida delle alture di questo altopiano solitario che, da un lato, scende verso le vaste praterie continentali e dall’altro verso l’Oceano Pacifico; liberiamoci allo stesso tempo della nostra coscienza del mondo, scambiamola con orizzonti illimitati e un’incoscienza dell’universo che vive al di là di esso …”

La conoscenza a cui si riferisce e che critica Jung è quel sapere “scolastico” di impronta europea che si limita a nozioni e a concetti che spiegano il nostro mondo sulla base della scienza del visibile e del dimostrabile. Jung dice che esiste anche un altro sapere che non è comprovato dalla scienza. Anche se gli studiosi [2] hanno condotto ricerche ed esperimenti per cercare di capire queste “coincidenze”, i risultati sono rimasti ad una dimostrazione fattuale (=queste coincidenze effettivamente accadono), piuttosto che ad una dimostrazione scientifica tale come oggi si intende la scienza (=queste coincidenze accadono perché è dimostrato che fisicamente ci sono forze misurabili in gioco).

Dunque, vi propongo di “ascoltare” Jung e di autorizzarvi ad esplorare questo mondo intangibile e non dimostrabile perché da esso possiamo trarre un immenso beneficio.

Invece di spendere le nostre forze nel cercare di comprovare ciò che non è spiegabile con i nostri mezzi odierni, tuffiamoci dentro e vediamo dove ci porta. È quello che mi sono detta di fronte al mio stupore in seguito a quanto accaduto con la mia cliente. Dunque, invece di chiedermi “perché mi succedono queste?”, ho preferito pormi le domande seguenti:

  • Cosa mi sta dicendo la mia cliente sulla mia situazione di oggi?
  • In che modo questa corrispondenza tra la mia situazione e quella della mia cliente, mi permette di aumentare la mia autoconsapevolezza?
  • Che emozioni e reazioni mi ha suscitato?
  • Cosa mi sta insegnando questa corrispondenza?

 

Invece di cercare di “capire” la coincidenza, cosa impossibile, ho colto questa occasione per cercare di capire meglio me stessa.

Conosci te stesso

Jung diceva anche “È impossibile per noi abbracciare la natura dell’inconscio attraverso la conoscenza, né assegnargli confini razionali. Si può raggiungere una conoscenza della natura solo attraverso una scienza che amplia la coscienza ed è per questo che una profonda conoscenza di sé stessi richiede anche la scienza, cioè la psicologia.”

La psicologia per Jung è lo studio dei meccanismi umani, studio che comincia proprio da sé stessi: aumentare la propria autoconsapevolezza.

Anche Aristotele [3] diceva che per diventare una buona persona non bisognava concentrarsi su cosa significa “buono”, ma bisogna vivere nel qui ed ora l’essere buono. È l’esperienza e come la interpretiamo concretamente che ci permette di fare buone azioni e per interpretare questa esperienza bisogna aumentare la conoscenza di sé stessi, attraverso ciò che Jung chiama “psicologia”.

I segnali sottili

Mi sono accorta che questa introspezione permette un’osservazione più acuta dei fenomeni che ci accadono, come se ci fosse una corrispondenza tra l’interno e l’esterno: più divento cosciente dell’impatto che le coincidenze provocano in me e delle mie riflessioni, più noto queste coincidenze. Ma non le noto per vantarmi di avere poteri sopra naturali. Al contrario, questa finezza di osservazione viene da riflessioni molto umane e naturali.

Un altro fattore molto importante che ci permette di cogliere i segnali sottili viene dal mettere in modalità “pausa” il nostro cervello razionale. Ci sono fenomeni come le coincidenze che possono essere francamente fonti di turbamento. La tendenza potrebbe essere quella di cercare spiegazioni “razionali”, come se queste potessero proteggerci dal turbamento stesso. Ma è un’illusione perché non si può spiegare l’inspiegabile. Allora, la lezione che ne traggo è che è altrettanto importante imparare l’arte del lasciare da parte questa parte razionale per permettere all’intuizione e a tutta la nostra parte emotiva di emergere pienamente.

Se ci pensate bene questo può fare un po’ paura. Un po’ come quando eravamo piccoli e alle giostre entravamo nella “casa del terrore” con il timore di non sapere cosa avremmo scoperto e soprattutto provato emotivamente dietro l’angolo. È un po’ un salto nel buio. O nella luce, se vogliamo vederlo dal lato migliore. Perché questi segnali sottili, se ci pensate, sono fonte di meraviglia, di connessione profonda con coloro che li “provocano” e soprattutto con noi stessi.

Vivere meglio in questi tempi così inspiegabili

Il 2020 è un anno per molti, tra cui me, difficile, per ragioni personali diverse.

Attraverso la mia riflessione, mi sono accorta che se passassi il mio tempo a cercare di spiegarmi il perché questo anno è stato difficile, non ne trarrei alcun beneficio. Anzi mi deprimerei ulteriormente.

Mi è invece di grande beneficio dirigere la mia attenzione sui segnali sottili che ho ricevuto attraverso le esperienze che ho vissuto che mi hanno permesso di conoscermi meglio. Questo mi provoca gioia e un senso di connessione positivo con il mondo e le persone con cui sono in relazione.

So che per me la migliore strategia per scostarmi dal pensiero razionale e concentrarmi sulle sensazioni per coglierle meglio è riflettere mentre cammino o ascolto la musica. Altri trovano più facile meditare o la “mindfulness”, per altri ancora la pratica sportiva come la corsa è fonte di introspezione.

Il mio invito per questo periodo festivo così particolare è di trovare un modo di lasciare andare un po’ della vostra razionalità per aprirvi a nuove sensazioni e connessioni. Chissà, il 2021 potrebbe essere l’anno di nuove scoperte e nuovi orizzonti dentro di voi…

[1] “Ma vie” Carl Gustav Jung, ed Gallimard.
[2] Example of a study: Intuition, Telepathy, and Interspecies Communication: A Multidisciplinary Perspective, Deborah L. Erickson.
[3] Aristotle’s way, Edith Hall, ed Penguin, pages 100-103.

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