I paradossi come risorsa: dal bianco e nero al technicolor

Da sempre i filosofi si sono interessati all’esplorazione di contraddizioni e paradossi. Tanto che Aristotele nella sua Metafisica è arrivato ad affermare il “Principio di non contraddizione” (una cosa non può essere e non-essere allo stesso tempo) come base del pensiero razionale umano. Nella filosofia moderna il principio è ancora oggi oggetto di dibattito e soggetto, ovviamente, di opinioni contraddittorie.

Scendendo di qualche gradino nella nostra quotidianità, probabilmente siamo tutti d’accordo nel dire che in certe occasioni abbiamo provato sentimenti contraddittori, o che abbiamo adottato comportamenti contrari ai nostri desideri, o che ci siamo sentiti tirati in direzioni diverse. Queste situazioni, quando si verificano, possono essere definite “paradossali” se le osserviamo con una visione in bianco e nero della vita, ma la verità è che siamo in technicolor e, come se non bastasse, nessuno vede esattamente le stesse tonalità.

Contraddizioni e paradossi contengono tipicamente il senso intrinseco di una mutua esclusione. Se è presente un tratto, si presuppone che l’altro manchi. Se siamo impulsivi non possiamo essere pazienti – se siamo analitici non possiamo essere fantasiosi e creativi – se siamo estroversi non possiamo essere timidi … ma è proprio vero?

Pensare a noi stessi come esseri definiti e unidirezionali può portare a conseguenze indesiderate, come la soppressione di alcune parti di noi stessi o l’identificazione esclusiva solo con alcuni dei nostri tratti, limitando notevolmente il nostro ventaglio di possibilità e la nostra crescita. Certo, è rassicurante avere una visione coerente di noi stessi e la società ci incoraggia (o almeno lo ha fatto fino ad ora) a dipingere un autoritratto preciso e delineato, funzionale alla gestione di una realtà semplificata, a prova di business. Questa visione in bianco e nero genera però una tensione innata, accompagnata dalla sensazione di essere sbagliati ogni volta che qualcosa non si adatta allo stampo prefabbricato che ci siamo costruiti, ogni volta che incontriamo una contraddizione.

Questa dinamica interna diventa ancora più complessa nell’ambiente di lavoro, poiché quest’ultimo ci invia ulteriori messaggi contraddittori su come dovremmo svolgere il nostro ruolo in azienda, come dovremmo lavorare e relazionarci con i nostri colleghi, capi e dipendenti. Orientarsi in quest’era interessante ma molto complessa non è facile, soprattutto se siamo abituati a una struttura del posto di lavoro più fissa (rif. La nostra newsletter precedente “Generazioni diverse sul posto di lavoro“).

Messaggi paradossali sul posto di lavoro: dalla modalità di risoluzione del problema alla gestione delle polarità[1]

Anne è una dirigente di grande successo, ma ha un dilemma che sta consumando gran parte dell’energia che dovrebbe dedicare al suo lavoro. La sede della sua azienda è in Francia, ma la filiale dove lei lavora è a New York. Le è stato detto di seguire le direttive provenienti dalla casa madre e portare i migliori risultati, ma sfortunatamente, le linee guida e relativi vincoli provenienti da Parigi, si applicano molto poco alle dinamiche culturali della sua filiale, rallentando l’ottenimento di risultati e influenzando negativamente le sue prestazioni, nonché costringendola a impiegare molto tempo e cellule cerebrali per capire come gestire queste spinte opposte.

Proprio come Anne, nella nostra vita professionale incontriamo una moltitudine di messaggi paradossali, che apparentemente devono essere affrontati attraverso piani d’azione contraddittori. Queste circostanze alimentano una grande quantità di stress, soprattutto perché di solito devono essere risolte in tempi brevi e con budget molto limitati, a fronte di un carico di lavoro già pesante con poco margine di errore.

Quando lo stress entra in scena, molto spesso smettiamo di vedere a colori ed entriamo in una modalità o/o, on-off, considerando solo soluzioni reciprocamente esclusive e adottando un approccio di “problem solving”.

Ma quando ci si presenta una contraddizione e dobbiamo intervenire, è utile considerare la differenza tra un “problema da risolvere” e la “gestione del paradosso” al fine di adottare la strategia giusta:

  • Un “problema da risolvere” è quando una cosa ne ha causata un’altra e ora si deve porre rimedio.
  • La “gestione del paradosso” è il bilanciamento dei due lati di una situazione, entrambi necessari alla risoluzione del problema.

 

Riprendendo il nostro esempio, Anne potrebbe scegliere di seguire rigorosamente le direttive della sua casa madre, rinunciando ad adattarsi alle dinamiche della sua filiale estera, o fare l’opposto. Ma nessuna di queste posizioni radicali porterebbe il miglior risultato: un equilibrio e una sinergia tra i due modi di lavorare è ciò che permetterà di ottenere lo scenario ottimale.

E possibile commettere inavvertitamente l’errore di risolvere questioni che richiedono una gestione del paradosso con una mentalità di “problem solving”, ignorando completamente un lato della situazione. Ma se Anne ad esempio aderisse rigidamente alle linee guida della sede francese, finirebbe per aumentare la resistenza del suo ufficio di New York, e parteciperebbe inconsapevolmente alla costruzione di un muro che la isolerebbe dalla realtà della filiale in cui di fatto lavora. Perderebbe il supporto e la collaborazione dei suoi colleghi e superiori e le sue prestazioni diventerebbero sempre più scarse, facendo sì che alla fine la casa madre inizi a dubitare del suo valore come manager. Si ritroverebbe in uno scenario in cui perde tutto. Se invece si concentrasse sulla gestione del paradosso, lavorerebbe per una fusione sinergica delle due strategie. Tutte le voci verrebbero ascoltate si troverebbe una soluzione insieme.

Problema da risolvere Polarità da gestire
Non sono continuativi.
C’è una fine.
Sono risolvibili.
Continuano nel tempo.
Non c’è una fine netta.
Non sono risolvibili.
Vanno gestite insieme.
Le soluzioni alternative sono indipendenti. Le soluzioni alternative sono interdipendenti.
Ci può essere una sola soluzione senza bisogno di soluzioni alternative. Le soluzioni alternative hanno bisogno di integrarsi l’una con l’altra per raggiungere risultati ottimali nel tempo
Spesso contiene opposti che si escludono a vicenda Contiene sempre opposti che si includono a vicenda
1.     Dovremmo promuovere Bill?
2.     Dovremmo comprare la stampante da 200 tonnellate?
3.     In che anno è iniziata la Pima guerra mondiale?
4.     Dobbiamo eliminare un livello di management?
1.     Riconoscere il valore dell’individuo e il valore della squadra.
2.     Ridurre i costi e aumentare la qualità
3.     Competere con gli altri e collaborare con gli altri
4.     Bilanciare lavoro e vita privata

Espandere gli orizzonti

Guardando questa immagine, se diciamo “questa è la foto di un calice”, diremmo una cosa esatta, ma non completa. Lo stesso se diciamo “questa è una foto di due volti”. L’incompletezza, unita alla convinzione della correttezza (accuratezza) della nostra percezione, è la fonte di potenziali problemi. Il punto di vista di ogni persona, infatti, può essere accurato, ma deve essere completato con l’altra prospettiva per ottenere l’intera immagine. In questo caso, come in molte occasioni nella nostra vita, ogni punto di vista possiede tasselli del puzzle e la contraddizione diventa una risorsa.

Eppure, nelle nostre aziende, si verificano spesso scontri gravi e costosi perché una polarità in cui vanno considerati “questo E quello” viene trattata come un mutualmente esclusivo “questo O quello”. La gestione del paradosso può aiutarci nel risolvere gli ostacoli che incontriamo quotidianamente sul posto di lavoro, specialmente quando abbiamo posizioni opposte che dobbiamo integrare, per gestire il cambiamento e orientarci nella complessità, espandendo la nostra visione per vedere la foresta E l’albero.

Per avere un punto di vista più ampio rispetto a un determinato problema, possiamo iniziare a:

  • Lasciar andare qualcosa per ottenere di più

Il calice e le due facce non possono essere visti contemporaneamente. O un’immagine è chiara, o l’altra lo è. Anche se cambiamo il focus tra l’uno e l’altro rapidamente, per vedere il calice dobbiamo rinunciare alle due teste. Lasciar andare non significa che se perdiamo la messa a fuoco su qualcosa, questo qualcosa non è più nel panorama. Significa che dobbiamo guardare ANCHE l’altra immagine. In altre parole, una verità non nega un’altra verità. C’è solo bisogno di qualche risorsa in più dei nostri due occhi per vedere l’insieme.

  • Agire dove abbiamo potere

Iniziamo ad allargare i nostri orizzonti, così da includere quelli degli altri. L’unico vero potere che abbiamo è sulla nostra mente, e la nostra apertura e inclusione incoraggeranno gli altri a fare lo stesso, rendendoli allo stesso tempo meno resistenti al nostro punto di vista, poiché sentono che loro opinione è accettata. Diamo l’esempio.

Uno strumento per la gestione del paradosso

Questo semplice schema a 4 quadranti è uno strumento molto utile per ottenere il meglio dalle polarità.
Facciamo l’esempio del lavoro di squadra / lavoro individuale.

Lavoro Individuale Lavoro di Squadra
+ vantaggi vantaggi  +
 
 
 
 
 
 
 
INDIVIDUO SQUADRA
 

 

 

 

svantaggi

 

 

 

 

svantaggi

Le due colonne a destra e sinistra sono chiamate poli.
La parte superiore di ciascun polo contiene gli aspetti positivi di quel polo. La parte inferiore di ciascun polo ne contiene gli aspetti negativi.
Non esiste un ordine corretto per la compilazione dei quadranti, è sufficiente riempirli tutti per avere un quadro completo del problema. Ecco di seguito un percorso suggerito:

  1. Individuare un paradosso attraverso il dialogo, creando una descrizione oggettiva del problema, senza giudizi, e descrivere opportunità e ostacoli presenti nella situazione.
  2. Concordare i nomi dei poli e scriverli nella mappa. Ricordiamo che entrambi i poli sono necessari e interdipendenti.
  3. Brainstorming collettivo per determinare il contenuto di ciascun quadrante. Sarebbe ideale avere 4-8 voci in ciascun quadrante, identificando i lati positivi e negativi per entrambi i poli. Tutti i punti di vista e le obiezioni delle due parti vengono ascoltati e rispettati come importanti.
  4. Individuare insieme uno scopo superiore e una paura comune profonda. Individuare uno scopo superiore favorisce l’integrazione di opinioni opposte e fornisce una ragione per gestire la tensione tra le diverse posizioni.

Alcuni consigli utili:

  • Ricordare che per ottenere i benefici di un polo, è necessario perseguire anche i benefici dell’altro polo. La soluzione non è statica.
  • Ascoltare profondamente e facilitare il dialogo, specialmente quando alcuni membri del gruppo sono resistenti ad accettare l’opinione degli altri. Stiamo attenti a valorizzare il feedback e promuovere l’apertura, creando un ambiente sicuro in cui tutti possano esprimersi perché sanno che la loro opinione sarà presa in considerazione e rispettata.
  • Individuare strategie per integrare le zone positive di entrambi i poli.
  • Stare lontano dal “Mito del polo unico”: potremmo essere tentati di mantenerci su una polarità sola perché è quella che ci ha portato buoni risultati fino ad ora. Ma se rimaniamo soltanto su un polo, finiremo per ottenere i lati negativi di entrambi i poli, perdendone i benefici. Il paradosso è che coloro che hanno una profonda paura del rovescio della medaglia, finiscono per sperimentarlo se non integrano gli aspetti della polarità opposta.

Per ottenere il meglio da una polarità, i due aspetti devono comunicare attivamente e influenzarsi a vicenda. Quindi, se incontriamo un muro di resistenza, proviamo a demolirlo e trasformarlo in un ponte. Il modo più semplice per farlo è cercare di ottenere una chiara percezione della realtà altrui, piuttosto che cercare di convincerli della nostra.

Conclusione

Abbiamo visto come la gestione del paradosso può aiutarci a creare ricchezza e crescita da posizioni opposte sul posto di lavoro. E se potessimo applicare lo stesso principio ai temi estremamente difficili e delicati che ci si presentano ogni giorno?

In che modo le discussioni su genere, etnia, politica, relazioni potrebbero essere arricchite da un approccio che non si basa sull’opposizione al punto di vista dell’altro – creando un divario estremamente difficile da colmare – ma che invece si fonda sull’ascolto e sulla ricerca della comprensione reciproca? Lasciamoci guidare dalla convinzione che sia possibile trovare valore in ciò che è diverso e avvicinarci a una posizione in cui possiamo almeno lavorare insieme rispettandoci l’un l’altro. Immaginiamo uno scenario in cui siamo compagni e non nemici.

E allo stesso tempo, quanto guadagneremmo se NON ricorressimo all’estremo opposto ogni volta che una questione delicata viene portata all’attenzione e deve essere gestita? Se ci guardiamo intorno e osserviamo, ogni giorno siamo ingabbiati in un meccanismo di “questo è sbagliato – va risolto”, ricorrendo al rimedio collocato nella polarità opposta per una soluzione rapida, guidata dall’ansia, che aumenta l’estremismo in entrambe le parti. Perché abbiamo tanta fretta di reprimere il conflitto? Perché ne siamo così spaventati? Un approccio più misurato, un’arena aperta in cui tutti possano esprimersi liberamente – senza assegnare giusto e sbagliato, ma semplicemente ascoltando – e una saggia moderazione della situazione conflittuale, non porterebbe a un risultato migliore?

Il conflitto è una fase in cui possiamo imparare e crescere, dove lo status quo viene distrutto e ha inizio l’innovazione, dove potremmo essere in grado di aprire la strada a nuove opportunità e possibilità. E che ci crediamo o no, abbiamo tutte le capacità per reggere il conflitto e prosperare al suo interno, se lo gestiamo correttamente e resistiamo alla tentazione di annullarlo immediatamente con una soluzione rapida.

Pensiamoci. Forse non abbiamo bisogno di risolvere il conflitto, ma solo di sostenerlo abbastanza a lungo per trovare una soluzione insieme.

 

[1] “Polarity Management: identifying and managing unsolvable problems”, Barry Johnson, ed. Human Resource Development, Pr, 2014.

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