Il paradosso dell’identità: come conciliare stabilità con agilità

Il paradosso dell’identità: come conciliare stabilità con agilità

“Ciò che ti ha portato fin qui non ti porterà oltre” – afferma Herminia Ibarra nel suo articolo The Authenticity Paradox[1], ricordandoci il caso di un manager con cui abbiamo recentemente lavorato, che chiameremo Joe.

Joe è un dirigente affidabile, attento e dedicato, ci sa fare con le persone ed è eccellente nel gestire il suo team. Si accolla più lavoro di quello che è in grado di gestire ed è così determinato a raggiungere un buon risultato che fa di tutto per aiutare i suoi colleghi e gli altri dipartimenti. Joe è anche sulla soglia di una promozione, pronto e desideroso di fare il prossimo passo, ma a questo proposito sembra che gli manchi una visione più ampia di tipo strategico ed esiti a immergersi nelle politiche aziendali. Possiamo riconoscerci in Joe o meno, ma il punto è che stiamo parlando di una persona che è molto orgogliosa del suo lavoro e di come lo conduce, facendo leva su qualità incredibilmente positive che non vuole compromettere, poiché gli hanno permesso di arrivare al punto in cui è nel suo percorso professionale; una persona che si identifica con una precisa immagine di sé stesso ci si ritrova.

Ma questa volta, sembra che questo suo modo d’essere non lo aiuterà ad ottenere la promozione, sembra che qualcosa dovrà cambiare.

Ispirati dalla storia di Joe, possiamo quindi porci due domande:

  1. È possibile essere fedeli a noi stessi, rispettare ciò che percepiamo come la nostra identità, essere “autentici” e allo stesso tempo adattarci per raggiungere un obiettivo?
  2. Questa promozione è davvero ciò che vogliamo? Ci sentiremo davvero realizzati una volta che l’avremo ottenuta?

Cominciamo a rispondere alla domanda n.1

Autenticità: chiarimento del termine e differenza tra valori e strategie

Il termine “autenticità” deriva dal greco “authéntēs” che significa “autore, maestro”. Nel suo significato originale quindi, essere autentici significa essere l’autore di noi stessi, attraverso un processo in cui noi diventiamo la nostra propria opera d’arte. Un’opera d’arte infatti si ottiene attraverso un processo, preludio alla creazione di qualcosa di originale.

Troppo spesso, tuttavia, specialmente nella letteratura recente, siamo incoraggiati a trovare e identificarci con un senso assoluto di noi stessi e della nostra identità, un sé “autentico” e definito che può però pesare su di noi come un’armatura. Più la corazza è spessa e più ci fa sentire forti e protetti, ma allo stesso tempo ostacola sempre di più i nostri movimenti e ci impedisce di andare avanti agevolmente. Tradizionalmente, siamo portati a percepire il senso di noi stessi come un elemento costante e immutabile, aggrappandoci a ciò che sappiamo di noi, a quei pochi elementi visibili e immediatamente riconoscibili, così da soddisfare il nostro bisogno di certezza e sicurezza.

Ma come i nostri amici dell’antica Grecia ci hanno insegnato e continuano a insegnarci, questa identità che sembra un elemento stabile e certo è, nel suo significato originale e profondo, un processo, una progressione attraverso la quale creiamo continuamente qualcosa di unico.

Questo significa che il nostro “Io” è in flusso continuo e quindi insondabile? No, significa solo che c’è una differenza tra ciò che siamo al livello più profondo, i nostri elementi costitutivi, i nostri valori unici e le strategie che possiamo adottare per onorare questi valori.

Valori fondamentali e strategie

I nostri valori fondamentali sono la nostra piccola riserva di verità personale. Ciò che ci corrisponde e fa emergere la nostra vitalità più autentica, che ci accende e in cui ci “riconosciamo”. Sono imprescindibili per noi e la nostra felicità. Essere consapevoli dei nostri valori e potervi attingere, esprimendoci in un modo che è unico per ognuno di noi, porta ad un maggior senso di realizzazione e maggior energia, passione, motivazione e impegno. I nostri valori fondamentali ci accompagnano nel lungo termine e la capacità di identificarli, al di là di tutti i giudizi, di tutte le categorie di bene e male, e liberi delle influenze esterne, costituisce un tesoro fondamentale nella costruzione di una vita appagante. Spesso infatti, quando un obiettivo non viene raggiunto, è perché quell’obiettivo non è collegato a un valore fondamentale e quindi sì, vale la pena prendersi del tempo per esplorare e vedere quali di questi valori possiamo mettere in quella piccola riserva, che ci darà chiarezza di visione e direzione nella vita.

Molto spesso, tuttavia, confondiamo valori e strategie. Una strategia è una serie di azioni attraverso le quali intendiamo raggiungere il risultato desiderato; è il modo in cui ci comportiamo, che idealmente riflette e onora i nostri valori.

Ciò che tendiamo spesso a fare è identificare i nostri valori (che sono piuttosto stabili a lungo termine) con le nostre strategie, irrigidendoci di conseguenza in schemi comportamentali fissi nel tentativo di rimanere fedeli a noi stessi. Ci atteniamo a modi di essere che ci sono stati utili in passato come unico modo per rispettare i nostri valori e bisogni, e magari anche perché sono l’unica cosa che sappiamo di noi stessi al momento, l’unico tipo di atteggiamento che abbiamo mai adottato e, dal momento che ci stava portando i risultati desiderati fino ad ora, perché cambiare?

Forse perché vogliamo cose diverse o a un diverso livello di profondità, man mano che andiamo avanti nel nostro percorso di vita, e per ottenerle dobbiamo affrontare sfide sconosciute e rimanere adattabili, in modo da imparare e crescere.

L’identificazione eccessiva con i nostri comportamenti consolidati all’interno di categorie rigide può portare conseguenze indesiderate. Più ci vediamo come esseri fissi, meno saremo in grado di affrontare nuove sfide apertamente e in modo creativo, così da avanzare nel nostro percorso personale e nella nostra carriera. Tutto intorno a noi, la vita stessa, è in continua evoluzione, il panorama lavorativo odierno è in costante trasformazione, la tecnologia sta capovolgendo ciò che pensavamo di sapere, ma fortunatamente, come esseri umani, abbiamo un’incredibile capacità di adattamento per trovare nuove soluzioni: abbiamo la capacità di evolvere (giusto Darwin?).

La storia che ci raccontiamo

Dan McAdams, un professore di psicologia narrativa nordoccidentale, descrive l’identità come “una storia interiorizzata e in evoluzione del sé che ricostruisce il passato e anticipa il futuro in modo tale da fornire alla vita di una persona un certo grado di unità, significato e scopo nel tempo.”[2]

Lavoriamo costantemente per modificare passato, presente e futuro, per scrivere una storia su di noi. Questo è un modo molto naturale e umano di elaborare la complessità della vita. Ma troppo spesso ci atteniamo a questa nostra narrazione e restiamo bloccati, lasciando che ci definisca invece di essere noi a definirla.

Come dice Herminia Ibarra: “Non attenerti alla tua storia. Molti di noi hanno narrazioni personali su momenti speciali che ci hanno insegnato lezioni importanti. Consapevolmente o meno, permettiamo alle nostre storie e alle immagini di noi stessi che esse dipingono di guidarci in nuove situazioni. Ma le storie possono diventare obsolete man mano che cresciamo, quindi a volte è necessario modificarle in modo drammatico o addirittura stracciarle e ricominciare da zero.[3]

Cambiare con creatività

Una volta che abbiamo acquistato consapevolezza dei nostri valori fondamentali e ci liberiamo di una visione rigida di noi stessi, scopriremo che possiamo divertirci, giocando con tutte le nostre sfaccettature. All’interno dei pilastri della nostra identità – i nostri valori profondi – che abbiamo identificato, possiamo sperimentare creativamente con le nostre capacità, correre rischi, accettare nuove sfide, provare diverse “vesti”, espandere la nostra visione, ampliare le nostre possibilità e incontrare nuovi risultati. Possiamo fare scoperte su noi stessi ed essere flessibili perché sappiamo cosa conta davvero, e quello non lo toccheremo; un allarme suonerebbe se lo facessimo e saremmo pronti ad ascoltare. In questo processo di sperimentazione, alcune cose funzioneranno, altre no. È solo essendo aperti a provare che lo scopriremo.

Ogni volta che ci sentiamo dire “No” a qualcosa, proviamo a chiederci “Perché no?” e valutiamo la risposta: potremmo sorprenderci!

Conclusione

Espandere la visione di cosa è possibile per noi oltre a ciò che già conosciamo ci aiuta ad acquistare fiducia in noi stessi, a renderci consapevoli delle nostre capacità, ad ampliare le opportunità che si presentano alla nostra porta e a modificare la nostra narrativa personale, e anche – perché no? – ad aggiungere alcune nuove pagine.

Scritto da Anna Gallotti e Selika Cerofolini

[1] “The Authenticity Paradox”, Herminia Ibarra, HBR, gennaio-febbraio 2015
[2] McAdams, 2008; McLean, Pasupathi, & Pals, 2007
[3] “The Authenticity Paradox”, Herminia Ibarra, HBR, gennaio-febbraio 2015

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