L’arte di dire di no

Oggigiorno siamo letteralmente bombardati da informazioni, sollecitazioni, inviti a riunioni, a connetterci su Slack o su WhatsApp… con l’implicita ingiunzione di dovere rispondere “presenti” immediatamente. E se non rispondiamo subito (talvolta anche a ore non lavorative e il weekend), dall’altra parte arrivano comunque continue sollecitazioni, finché non ci arrendiamo e, quasi per disperazione, rispondiamo. Si, perché se non lo facciamo, si insinua in noi il fatidico senso di colpa: “ma se questa persona lavora a queste ore, forse lo dovrei fare anche io perché TUTTI lo fanno”; “se poi non rispondo, lo so che il mio capo poi me lo rimprovera, anche se non in modo esplicito”.

Chiara, la mia cliente durante la sessione di coaching era agitata, si lamentava di non avere più serate in famiglia o weekend sereni perché oppressata da questa tendenza di rispondere sempre “presenti” a ogni sollecitazione lavorativa. Mi indicava che anche durante le sue vacanze non riusciva veramente a “staccare” perché in azienda c’è questa tendenza a rispondere alle email da qualunque posto, in qualunque momento. Era in una situazione di stress permanente e non riusciva a trovare momenti di recupero in cui non doveva pensare al lavoro. Peggio, si sentiva colpevole se non rispondeva subito, come se il fatto di aspettare il lunedì mattina per guardare le sue email, fosse un difetto, un qualcosa da biasimare. Il risultato è che Chiara è esausta, non riesce più a riflettere sulle cose importanti come presa da un vortice delle urgenze.

Vi sentite anche voi in una situazione simile?

E’ normale. Con la generalizzazione del lavoro da casa, i confini tra vita lavorativa e vita personale si sono attenuati o sono addirittura scomparsi, con la conseguenza che non sappiamo più mettere quelle barriere che ci permettono di recuperare pensando ad altro o svolgendo attività ricreative. Ora, numerosi studi provano che dopo un periodo di intenso lavoro, spesso stressante (anche solo tutte le riunioni virtuali sono di per sé fonte di stress), il nostro corpo ha bisogno di recuperare per funzionare correttamente. Una esposizione prolungata a fattori di stress (tra cui il lavoro) comporta una diminuzione delle nostre difese immunitarie e della nostra capacità a pensare in modo più globale e strategico. Non siamo macchine, siamo esseri umani e come tali, abbiamo bisogno di questo tempo di recupero. Nella sua rassegna stampa, Elena Talebano[1] dice che è normale che sentiamo una specie di “nebbia mentale” perché non solo siamo troppo sollecitati a livello elettronico, ma soprattutto siamo quasi totalmente astinenti di rapporti personali. Da un anno, non possiamo avere le interazioni umane abituali, fonte di benessere e essenziali per la nostra sopravvivenza.

Ma allora, cosa fare?

La soluzione sembra molto semplice, ma sempre più difficile da applicare: dire di “no”. Proteggersi dalle continue sollecitazioni mettendo limiti che siano più salutari per noi. Dire di “no” è un’arte perché ovviamente non desideriamo inimicarci il nostro capo, non vogliamo sembrare scortesi con un cliente. Allora la domanda è piuttosto “come” fare a mettere questi limiti.

Ecco alcune astuzie che ho raccolto attraverso la mia esperienza e parlando coi miei clienti. Sono il frutto di esperienze vissute e funzionano!

Le 3 “D”

1/ Delimitate:

  • Le vostre ore di lavoro, almeno due volte alla settimana: quando volete cominciare a guardare le email? Quando volete finire?
  • Il vostro spazio personale da quello professionale: lasciate il vostro computer solo in quello spazio, anche se è solo il vostro zaino. E li rimane per tutto il fine settimana.
  • I momenti della giornata dove avete bisogno di pranzare e di cinque minuti per respirare tra una riunione e l’altra.

 

2/ Dialogate:

  • Spiegate al vostro capo e/o ai vostri colleghi che avete bisogno di questo spazio per rigenerarvi e che grazie a questo lavorerete molto meglio e più efficacemente, sarete più amabili coi colleghi e coi clienti.
  • Spiegate che la vostra motivazione aumenterà, grazie a questi spazi, che non è segno di demotivazione, ma che per sostenere il ritmo sul lungo termine, ne avete bisogno.
  • Il tutto con fermezza e rispetto. Non aspettate di non poterne più per manifestarvi, se no avrete la tendenza, anche quella molto umana, di dirvi “al punto in cui sono, non ho più nulla da perdere”.

 

3/ Determinazione:

  • Procedete per piccoli passi, ma in modo costante.
  • Definite un’azione di delimitazione che vi sembra realizzabile e applicatela il più frequentemente possibile, per esempio prendere 30 minuti per pranzare senza essere interrotti.
  • Potrebbe essere anche una “non” azione come evitare di leggere le vostre email/rispondere al telefono professionale dopo una certa ora o prima di una certa ora.
  • Eseguite queste azioni il più possibile. Magari all’inizio due volte alla settimana, poi aumentate in funzione di come vi sentite.
  • Prendete il tempo di felicitarvi per i vostri successi, ma NON sentitevi colpevoli per i vostri insuccessi. Non serve a nulla. Piuttosto ditevi “come posso fare domani per fare meglio?”; “chi mi potrebbe aiutare?”

 

Conclusione

Dire di no è un’arte che abbiamo bisogno di imparare prima di tutto rispetto a noi stessi. Per intraprenderla ci vuole coraggio, diplomazia, perseveranza. Ma diventa una competenza assolutamente necessaria per poter continuare a essere in buona salute e vivere il nostro lavoro come un momento, certo talvolta, impegnativo, ma anche piacevole. In fondo ci spediamo la maggior parte della nostra giornata e abbiamo tutti il diritto di preservare innanzitutto la nostra salute e il nostro benessere.

Anna Gallotti

[1] Elena Talebano, Rassegna stampa del Corriere della Sera del 15 marzo 2021, “Stress, noia, panico: la pandemia sta diventando anche un’epidemia per la salute mentale” Atlantic, Guardian, New Statesman

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