2020: è tempo per una nuova definizione di successo – II parte

Il mese scorso abbiamo iniziato un’esplorazione del significato della parola “successo”. Abbiamo scoperto quanto profondamente condizionata sia la nostra idea di ciò che vuol dire avere successo e abbiamo proposto alcuni nuovi parametri per stabilire le nostre priorità e comprendere ciò che vogliamo includere nella definizione di questo concetto. Questo mese proseguiamo, attraverso una storia personale e scoperte scientifiche, cercando di trovare una risposta alla nostra domanda iniziale: alle porte di una nuova era, qual è la definizione di successo che vogliamo portare con noi?

Una storia personale: ho trasformato con successo la mia frustrazione…in mal di schiena

Come, immagino, molti di voi, ho sofferto di mal di schiena. Il dolore era così forte che non riuscivo a trovare una posizione in cui sedermi, figuriamoci lavorare. Mi è stato consigliato di procurarmi farmaci, antidolorifici e simili, di andare dal dottore (che mi avrebbero prescritto antidolorifici più forti) e risolvere il problema. Dopotutto, siamo in una società da “un cerotto e via”, attenzione a smettere di correre!

Ma mi sono trovata a ribellarmi a tutto questo, non perché sono una masochista ma perché sentivo che era solo una toppa e che non avrebbe risolto il vero problema: c’era in gioco qualcos’altro che nessuna quantità di ibuprofene avrebbe potuto risolvere. Volevo andare alla radice del problema e, forse per deformazione professionale, ho iniziato a ricercare la connessione tra le reazioni del corpo e gli stati mentali ed emotivi. A un certo punto ho trovato un articolo che mi ha portato le lacrime agli occhi e ho capito di aver toccato la mia verità.

Riguardava il sovraccarico che alcuni di noi si portano addosso, l’enorme quantità di aspettative, la pressione, la necessità di dimostrare che siamo degni di considerazione. L’articolo parlava di come il corpo causa dolore per costringerci a fermarci e riflettere, e di come noi ricorriamo a tutta una serie di espedienti per farlo andare avanti, senza ascoltare quello che vuole dirci e continuare a fare quello che stavamo facendo senza quel “fastidio”. Ma in questo modo stiamo ignorando un messaggio molto importante, un messaggio che potremmo chiamare: Istruzioni per una felicità reale e duratura.

Non è una sorpresa che molti di noi soffrano di questi sintomi come conseguenza di una sensazione di “non valere abbastanza”, che cerchiamo di placare “producendo” sempre di più, solo per scoprire che non scompare mai, indipendentemente da ciò che facciamo. Guidati da questo sentimento di mancanza di valore, facciamo spesso delle scelte sbagliate, ma anche se riusciamo ad ingannare la nostra mente, il nostro corpo non mente mai. Ciò di cui abbiamo bisogno è solo il coraggio di ascoltare e cercare di capire cosa il nostro corpo vuole dirci. Quando perseguiamo certi obiettivi o vogliamo raggiungere certi risultati per dimostrare il nostro valore, per calmare quelle voci e quei sentimenti di inadeguatezza, lo facciamo in realtà per essere AMATI, per essere desiderati, per essere accettati. Ma il vero amore è gratuito: l’accettazione, l’inclusione sono gratuite, non possiamo “comprarle” con le nostre prestazioni.

La sfida è ancora una volta dentro di noi e darsi da fare per soddisfare le aspettative degli altri è una pura perdita di tempo, perché la verità è che agli altri non importa granché di ciò che facciamo o non facciamo. Non gli importa o perché ci amano e ci accettano incondizionatamente, o perché sono troppo preoccupati con la propria vita per essere veramente interessati alla nostra. Se qualcuno si identifica troppo con il percorso o la vita di qualcun altro, probabilmente è una proiezione. Quindi, di nuovo, gli altri sono sostanzialmente preoccupati per sé stessi ma non hanno ancora trovato il coraggio di ammetterlo.

Perché la gratificazione che riceviamo dalla realizzazione di un obiettivo è spesso diversa da quella che ci aspettavamo

Nell’articolo del New York Times You Accomplished Something Great. So, Now What?[1] l’autore parla di un importante risultato che ha perseguito e di come si sia sentito vuoto, tanto da scoppiare in lacrime, nel momento in cui l’ha raggiunto.

Avete mai provato qualcosa di simile? Vi è mai capitato di lavorare duramente verso determinati obiettivi solo per scoprire che la sensazione, una volta che lo avevate raggiunto, non era quella che vi aspettavate? La ricerca scientifica ci dà qualche chiave di lettura a questo proposito[2]:

  • Spesso inconsciamente facciamo coincidere l’esito concreto dei nostri sforzi, il “fatto” (una promozione, un aumento, un matrimonio…), con la sensazione che ci aspettiamo questo esito ci porti. Facciamo moltissime ipotesi, inferenze, generalizzazioni e concettualizzazioni, principalmente sulla base delle nostre esperienze passate, per immaginare come ci farà sentire un evento futuro. Queste congetture – ad esempio la famosa: più soldi = più felicità – per quanto inconsapevolmente, generalmente guidano i nostri comportamenti e le nostre decisioni. Ricordate il gioco che abbiamo proposto nella I parte di questo articolo? Vi abbiamo chiesto di pensare alla parola “successo” e vedere quali immagini venivano spontaneamente alla mente. Bene, queste risposte automatiche sono frutto del nostro subconscio, e possiamo mascherarle con versioni moralmente più accettabili attraverso le nostre razionalizzazioni, ma quei riflessi incontrollati sono il motore principale delle nostre scelte.
  • Recenti studi hanno scoperto un meccanismo fallace nella previsione della durata dell’impatto emotivo che una determinata situazione ha su di noi. In altre parole, non riusciamo a stimare correttamente la durata delle sensazioni che un evento futuro creerà in noi, l’impatto emotivo di qualcosa che deve ancora venire. In generale sopravvalutiamo questo impatto, sia nel caso di un evento positivo che negativo. La verità è che non possiamo prevedere le caratteristiche reali del suddetto futuro evento, né quali altre circostanze ci influenzeranno allo stesso tempo, o come le nostre priorità e necessità saranno cambiate al momento dell’evento stesso – trasformando la nostra percezione di ciò che ci sta accadendo. Nonostante questo, le previsioni emotive sono la Stella Polare che detta la direzione della maggior parte delle nostre decisioni.
  • La ricerca mostra che l’impatto emotivo di un evento ritenuto “comune” di solito non ci affligge per più di qualche mese e un evento tragico, se lasciato il loro corso alle emozioni senza incoraggiarle con un attaccamento volontario, rimane dentro di noi per molto meno tempo di quanto si possa immaginare. In definitiva, qualunque sia la nostra esperienza, il livello generale di felicità tornerà ai valori di base in un lasso di tempo relativamente breve.

A questo punto quindi potremmo chiederci: se non possiamo fidarci della nostra mente (condizionata) o delle nostre previsioni emotive (fallaci), sulla base di cosa dovremmo fissare i nostri obiettivi e capire cos’ è, per noi, il successo?

Ascoltare i segnali sottili

Come abbiamo visto, quando vogliamo avvicinarci alla verità, il nostro corpo è più saggio della nostra mente. Abbiamo provato a immaginare nella I parte cosa sarebbe diverso se ascoltassimo la nostra intuizione, le nostre emozioni e se osservassimo le sensazioni di espansione o contrazione nel nostro corpo per capire cosa ci fa sentire vivi e gioiosi e cosa invece ci rende frustrati, tristi o arrabbiati. L’invito è di nuovo a sintonizzarci sui cambiamenti energetici che ci attraversano costantemente. Cerchiamo di fare attenzione e raccoglieremo molte più informazioni di quanto possiamo immaginare! Tutto questo richiede un po’ di allenamento, certo, ma paga davvero, perché ci permette di avvicinarci alla nostra verità.

Conclusione

Il successo è una definizione aperta ad essere scritta da ognuno di noi. Potrebbe quindi valere la pena di fare un passo indietro e raccogliere il coraggio di porci alcune domande, ascoltare le risposte e:

  • Non aver paura se la risposta non è quella che ti aspetti. Anche sapendo la verità puoi decidere diversamente o aspettare. Le decisioni si basano su molti fattori e circostanze. Sii paziente, concediti il ​​tempo di capire e pianificare.
  • Se pensi che sia il momento di cessare il tuo coinvolgimento in una situazione che non ti riflette più, non ti giudicare troppo duramente. Spesso in questi casi ci definiamo inconcludenti, pigri o deboli, ma il più delle volte, semplicemente, il nostro cuore non è lì, o non più. Spesso pensiamo che allontanarsi da una certa situazione sia un segno di FALLIMENTO, ma spesso è invece un segno di CRESCITA, un segno che ci stiamo avvicinando alla nostra verità più profonda e per farlo dobbiamo lasciar andare qualcosa che non funziona più per andare verso ciò che ci fa sentire bene. Se questo è il caso, vai avanti.
  • Agisci responsabilmente. Se pensi che ciò che stai facendo non sia più quello che dovresti fare, che una determinata situazione ti ha dato tutto e tu hai dato tutto a lei e decidi di andare oltre, chiudi in maniera impeccabile. Non lasciare cose in sospeso che potrebbero gravare su di te o sugli altri in futuro. Così facendo ti renderai libero[3].

Ciò di cui stiamo parlando qui è estremamente difficile, può far paura e richiede tempo. Ma magari ne vale la pena: meglio un giorno a fare veramente ciò per cui siamo destinati o una vita senza nemmeno saperlo?

Prima è meglio è! E complimenti se sei disposto a provare

Scritto da Anna Gallotti & Selika Cerofolini

[1] A.C. Shilton, You Accomplished Something Great. So, Now What? The New York Times, 28 maggio 2019.
[2] Daniel T. Gilbert et al., Immune Neglect: A Source of Durability Bias in Affective Forecasting, Journal of Personality and Social Psychology, 1998, Vol. 75, N. 3, American Psychological Association.
[3] David Deida, The Way of the Superior Man, Sounds True Editions, 2017.

 

 

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