The art of feedback: trascrizione in italiano della conferenza

Una risorsa non sufficientemente sfruttata per guidare la produttività organizzativa e personale

Nota

La conferenza ha avuto luogo alla Fordham University di New York davanti a un centinaio di soci della Camera di Commercio Italiana di New York e studenti dell’università.

E’ stata registrata su YouTube dove è stata suddivisa in 5 parti. Troverete i link indicati nel documento nei punti corrispondenti alla trascrizione.

Questo documento costituisce una trascrizione non letterale dei contenuti della conferenza. Potete leggere il documento e seguire la conferenza in simultanea, oppure solo leggere il documento.

The art of feedback – Anna Gallotti Part 1

Link : http://youtu.be/jalaccag56E

Vi invito a andare avanti veloce fino al minuto 3:05 che è il momento in cui la conferenza comincia a tutti gli effetti con le storie di Eleonora e Cristina.

Introduzione: storie di Cristina e Eleonora

La storia di Eleonora

La prima storia è quella di Eleonora. Eleonora ha 27 anni ed è direttrice di progetti marketing. Trasferita dal Marketing della sede Europea, accettò con piacere l’opportunità di venire a lavorare a New York. Curiosa, felice ed entusiasta, affrontò questa nuova avventura. Il suo nuovo team era composto da 3 persone.

Eleonora non fu accolta con molto entusiasmo. I membri del team avevano lavorato senza manager per 6 mesi e si erano abituati a questa libertà. Nessun collega delle Risorse Umane era stato scelto per la presentazione al suo team. In più l’ufficio assegnatole, era abbastanza lontano da quello del suo team, da quello del suo superiore e dall’ufficio degli altri gruppi del marketing.

Si mise al lavoro e fece tutto il possibile per guadagnare il rispetto della sua squadra.

Il suo superiore lasciò l’azienda poco dopo il suo arrivo. Eleonora fece conoscenza del suo nuovo manager solamente un mese più tardi. Riuscì ad incontrarlo 2 volte in 6 mesi.

Il superiore del suo manager, non aveva neppure lui tempo per vederla e preferiva darle istruzioni sul lavoro da svolgere per e-mail.

Le istruzioni, spesso vaghe, non erano mai seguite da feedback.

Lavorò sodo per raggiungere gli obiettivi fissati e per collaborare efficacemente con la sua squadra.

Sei mesi dopo il suo arrivo, fu convocata per il colloquio di valutazione della sua performance dai suoi due superiori.

Criticarono la sua competenza sia nel management che nel marketing.

Eleonora fu naturalmente molto sorpresa, poiché le sue richieste di feedback erano rimaste senza risposta durante sei mesi.

Non riusciva quindi a capire su quali basi si fondasse questa valutazione negativa, poiché nessuno le aveva fissato degli obiettivi precisi o dato dei feedback utili!

Eleonora cercò quindi un coach perché l’aiutasse superare i problemi creati dal vuoto dovuto all’assenza del suo capo; dall’attitudine critica del capo del suo capo; e infine da quelli creati dalla gestione di un team difficile.

Quando l’ho incontrata, Eleonora non era più la stessa persona giunta a New York 6 mesi prima: era triste, aveva perso la fiducia in se stessa ed era molto stanca…

Questa storia non é purtroppo l’unica; in qualità di coach, devo spesso affrontare situazioni simili.

La storia di Cristina

Cristina ha iniziato il suo nuovo lavoro in un servizio commerciale. Il giorno del suo arrivo é stata accolta dal suo superiore e dal responsabile delle Risorse Umane.

Il suo manager l’ha presentata al suo team e ha assegnato ad un collega il compito farle visitare il complesso degli uffici.

In seguito, il manager si é intrattenuto con lei per 2 ore, durante le quali le ha illustrato i suoi compiti per la settimana. Le ha proposto inoltre di rivederla l’indomani per rispondere alle sue domande.

Con Cristina ha programmato sessioni di un’ora alla settimana per discutere dei vari progetti e relativi feedback.

Va notato che (eccettuato il periodo delle vacanze), il superiore é stato un assiduo attore durante le riunioni settimanali, il che ha permesso a Cristina di fare progressi grazie ai suoi feedback di incoraggiamento a volte e critici in altre occasioni. Molto utili si sono rivelati i feedback negativi, avendo questi come obiettivo il miglioramento delle competenze.

Queste riunioni terminavano sempre con un piano di azione chiaro e un resoconto che sarebbe servito per la riunione seguente.

Sei mesi dopo Cristina, presentatasi al colloquio annuale di valutazione, ha ricevuto dei feedback positivi e negativi, ma né l’uno né l’altro l’hanno sorpresa.

Nel complesso ha ricevuto una valutazione molto positiva con alcuni suggerimenti per un miglioramento. Insieme hanno poi tracciato un piano di azione volto a migliorare il suo operato.

Chi nella sala ha vissuto esperienze come Eleonora? … E come Cristina?

I manager pensano di non avere il tempo per gestire le persone perché devono raggiungere gli obiettivi di business, ma non si rendono conto che un buon feedback non deve durare ore. Si tratta di avere le giuste tecniche e … un po’ di coraggio!

Ecco le scuse più frequenti per non dare un feedback:

  • Non ho tempo
  • E’ difficile
  • Rischio di demotivare il collaboratore
  • Poi si arrabbia/piange e non so cosa fare
  • Riguarda un comportamento ed è dunque personale.

Gli argomenti che saranno trattati in questa conferenza sono i seguenti

  1. Che cosa è il feedback?
  2. Quando è utile?
  3. Perché il feedback è cosi importante?
  4. Come funziona il feedback?
  5. Come gestire le emozioni? Questo non è un vero e proprio paragrafo perché l’argomento sarà trattato durante tutta la conferenza.

1/ Che cosa è il feedback?

Definizione:

Il feedback è un pilastro della crescita: conferma i progressi, rinforza le conoscenze acquisite, e corregge le azioni necessarie a raggiungere gli obiettivi.

Il feedback ha due funzioni

  1. Incoraggiare i progressi ed è quello che chiameremo feedback positivo
  2. Correggere le azioni ed è quello che chiameremo feedback negativo (anche se il suo effetto è positivo)

Il feedback è diverso dal reporting

Reporting = dare informazioni sull’andamento del business – ha uno scopo informativo

Feedback = imparare dai propri progressi e dai propri errori – ha uno scopo di apprendimento.

I 4 ingredienti del feedback

Si intende qua il feedback dato in modo professionale, con la tecnica appropriata e per fare crescere il collaboratore/collega:

  1. Intenzione: il feedback professionale deve servire a fare crescere la persona. Se siamo arrabbiati e vogliamo sfogarci sul prossimo, questo non è il feedback come lo intendiamo in questa sede. Avrà come effetto certo di deteriorare la relazione. Siamo umani per cui talvolta ci capita di sfogarci. L’importante è sapere che se ci sfoghiamo otteniamo alcuni risultati (deteriorare la relazione) e se diamo un feedback professionale, ne otteniamo altri (fare crescere la persona).

The art of feedback – Anna Gallotti Part 2

Link: http://youtu.be/mne2JvjEsTE

  1. Deve essere corto: racconto la storia di un manager turco che ha dato un feedback di 3h. Alla fine ha ottenuto come risultato che lui stesso ha preso in mano la situazione al posto del collaboratore perché aveva paura di perderlo come amico. Pur di non affrontare l’argomento difficile del feedback negativo, si è addossato lui tutto il lavoro. In sostanza, ha passato 3h senza ottenere nulla dal suo collaboratore e al contrario ritrovandosi con più lavoro!
  2. Deve essere efficace, avere un impatto (crisp in inglese significa croccante come le patatine!): per questo deve essere corto e andare dritto al punto.
  3. Ci vuole un po’ di coraggio e questo è vero perché talvolta è difficile dire le cose che non vanno.

Infine, il feedback è GRATIS!

E di grande impatto. Racconto di un’azienda che ha deciso di cambiare la sua cultura per creare una cultura di dialogo e di miglioramento continuo. Ha deciso di implementare una formazione sul feedback nel mondo intero. Abbiamo cosi creato il programma da cui sono tratte molte di queste slides. Tre anni dopo, il programma è stato svolto nel mondo intero. Ha realmente cambiato la cultura aziendale perché ora tutti usano gli stessi termini e la stessa struttura di feedback è diventata una pratica corrente a tutti i livelli aziendali.

2/ Quando il feedback è utile?

Feedback al lavoro: a chi si dà il feedback?

  • ai collaboratori
  • ai propri colleghi di pari grado, per esempio quando si gestiscono progetti in comune
  • ai clienti: si, il feedback si dà anche ai clienti, anche quello negativo se è per il loro bene! Io non ho mai perso clienti per avere dato un feedback negativo.
  • infine si puo’ dare un buon feedback, anche negativo al proprio capo. Se fatto bene, con tatto e professionalmente, sarà molto apprezzato!

Feedback nella vita privata: a chi si dà il feedback?

Il feedback nella vita privata segue le stesse regole di quello professionale. Talvolta è più delicato perché il livello di coinvolgimento emotivo è più intenso.

Lo si dà:

  • ai propri figli
  • al proprio partner
  • agli amici
  • ai genitori

3/ Perché il feedback è cosi importante?

Questa è la parte più importante della conferenza perché mostra perché è necessario dare feedback.

Prima di cominciare con la teoria, vi invito a fare un po’ di pratica

1/ Scegliete una persona che conoscete già. Se non conoscete nessuno, scegliete una persona vicina a voi.

2/ Date un feedback positivo:

  • se conoscete la persona un feedback positivo su una sua qualità (specifico, corto, di impatto)
  • se non conoscete la persona , un feedback sulla sua apparenza

3/ La persona che riceve il feedback non dice nulla e ringrazia alla fine

4/ Poi cambiate di ruolo

1’ per ogni persona

I partecipanti alla conferenza fanno l’esercizio….

Come è stato?

Quali sono state le vostre reazioni?

Raccolgo le sensazioni nella sala…

Anche coloro che non hanno sentito alcuna emozione, vi assicuro che hanno avuto emozioni…

The art of feedback – Anna Gallotti Part 3

Link: http://youtu.be/4lypMZKCp84

Il feedback è molto importante nella nostra vita per due ragioni.

1/ Il feedback soddisfa due bisogni vitali, cioè da cui dipende la vita dell’individuo

  • Bisogno di essere stimolati: i neonati che non sono stimolati col contatto fisico muoiono. Gli adulti conservano questo bisogno fondamentale, anche se lo reclamano meno. Si traduce nel bisogno di essere stimolati fisicamente e anche intellettualmente, attraverso il dialogo con il prossimo. In questo modo aumenta la coscienza di sé, la consapevolezza di esistere, di essere vivi.
  • Bisogno di essere riconosciuti. La nostra identità di bambini come di adulti si costituisce con la consapevolezza di esistere (il primo bisogno di cui sopra) e su un secondo elemento: lo sguardo che gli altri portano su di noi, come ci considerano. Se da piccolo ti dicono, “hai un brutto carattere come tua nonna”, questo rimane nella personalità in un modo o in un altro. Quando cominciamo a lavorare, creiamo la nostra identità professionale sui feedback che riceviamo. Collaboratori che sono considerati dal proprio manager come “casi persi” è molto probabile che lo rimangano.

2/ Il feedback migliora l’autoconsapevolezza. Modello della finestra di Johari:

Traduzione della striscia in alto: ciò che conosco su di me, ciò che non conosco su di me.

Traduzione della parte verticale a sinistra: ciò che gli altri conoscono su di me, ciò che gli altri non conoscono su di me.

  • The visible: ciò che io vedo e gli altri vedono. ll colore dei miei capelli, il mio vestito, il mio accento…
  • The mask: la maschera. Ognuno di noi quando va al lavoro indossa una “maschera” professionale. Io qua non vi racconto la mia vita privata perché non sarebbe appropriato al mio ruolo di conferenziera. Tuttavia, con gli amici, quelli veri, è utile non avere questa stessa maschera, se no rischiamo di non avere amici veri perché non vogliamo mostrare nulla di noi a nessuno… Più invecchiamo, più la maschera rischia di diventare parte di noi stessi e non è sempre una buona cosa…
  • The dead angle: l’angolo morto. E’ il classico caso della foglia d’insalata tra i denti che tutti vedono salvo noi. Alla fine siamo grati se un amico ci dice di toglierla prima di una riunione importante! Il ruolo del feedback è di diminuire l’angolo morto per accrescere la nostra autoconsapevolezza.
  • The creative exploration: è l’inconscio che tutti abbiamo, fa parte della nostra condizione umana. Non è l’oggetto di questa conferenza.

4/ Come funziona il feedback?

Ci sono sei verbi del feedback:

  • Ricevere
  • Dare
  • Accettare
  • Rifiutare: nessuno è obbligato a ricevere un feedback, lo si può rifiutare. Ma attenzione: quando rifiutiamo un feedback di un blocco, è molto probabile che questo ci dica qualcosa di vero su di noi, qualcosa che non vogliamo vedere. Allora vi propongo di porvi la domanda: “e se solo 1% di questo feedback fosse vero?”. Vi propongo la stessa cosa quando il feedback è dato da una persona che non apprezziamo o di cui non ci fidiamo. Certo, possiamo rifiutarlo, ma la regola dell’1% è sempre valida.
  • Chiedere un feedback: molto importante per aumentare la nostra autoconsapevolezza.
  • Dare un feedback a me stesso: molto importante per rimanere autocritici nel buon senso del termine: avere la capacità di imparare costantemente dalle nostre azioni.

Come si dà un feedback?

Ci sono feedback positivi e feedback negativi.

Feedback “conditional” = condizionale = feedback su elementi osservabili: un comportamento, fatti.

Feedback “unconditional”= incondizionale = feedback che non si basa su elementi fattuali, ma esclusivamente personali.

  • Il feedback positivo e condizionale serve a esplicitare perché e come una persona ha agito in modo appropriato. Molto importante per rinforzare i comportamenti positivi, per imparare dalle nostre azioni e per poterle riprodurre anche in altre occasioni.

The art of feedback – Anna Gallotti Part 4

Link: http://youtu.be/eF8SXxFeV_w

  • Feedback positivo e incondizionale. Al lavoro è meno fondamentale perché non produce un apprendimento nel tempo. Serve a fare piacere: “sei fantastico, sei geniale…” Non indicano perché sono stato bravo.
  • Feedback negativo e condizionale. Il manager raccoglie fatti sul collaboratore e li registra su un giornale. Serve a sapere esattamente su cosa ci si basa quando si da un feedback negativo. In questo modo il feedback diventa professionale, dato in modo efficiente. Un buon feedback professionale è sempre preparato accuratamente per iscritto, soprattutto quando è delicato.
  • Feedback negativo e incondizionale. Questo feedback è da evitare nel modo più assoluto, ma tutti noi ne diamo. A casa, quante volte diciamo a nostro figlio: sei insopportabile, sei cattivo… Questo tipo di feedback distrugge la personalità del bambino perché serve solo a dargli un’immagine negativa di sé e non produce risultati.

Al lavoro, facciamo la stessa cosa, ma, essendo persone in genere educate, spesso queste cose le pensiamo fortemente ma non le diciamo: “tanto non sei bravo a niente”, “sei un caso perso”… Vi assicuro che la persona di fronte a noi “sente” questo feedback e non ha per nulla un effetto positivo!

Noi siamo bambini cresciuti. Anche se abbiamo reazioni meno visibili, sono le stesse. Un bambino manifesta il fatto di non ricevere attenzioni essendo agitato. I grandi lo dimostrano, per esempio, parlando troppo nelle riunioni. In genere qual è la nostra reazione di fronte a queste persone? Cercare di arginarli. Invece, nella mia esperienza, è la reazione opposta che porta più frutti. Più li mettiamo al centro dell’attenzione, meno ne manifestano il bisogno.

Un’altra cosa è da tenere bene in mente: quando un bambino non riceve nessun feedback, il bisogno di riconoscimento è cosi vitale che preferirà sempre ricevere un feedback negativo piuttosto che essere ignorato. Cosi un adulto, se ignorato al lavoro comincerà a commettere errori, pur di avere un po’ di attenzione. Queste reazioni sono molto spesso inconsce. Costituiscono indicatori importanti per il manager (e per i genitori!), sebbene siano sempre ipotesi.

Struttura di un feedback negativo

  • Innanzitutto lo si deve preparare per iscritto. Se avete emozioni forti è ancora più importante prepararlo per iscritto perché vi servirà a scaricare almeno una parte delle emozioni negative, oltre che a prendere un po’ le distanze dalla situazione.
  • Prima cosa da fare: enunciare i fatti, le conseguenze di quanto accaduto e anche, se ve la sentite la vostra emozione negativa. Spesso è molto più professionale enunciare la propria emozione (“sono arrabbiato”) piuttosto che gridare sulla persona di fronte a noi.
  • In questa fase colui che dà il feedback parla e se l’altro lo interrompe, è bene chiedergli di lasciarvi finire.
  • Nella seconda parte, si comincia un dialogo. Si chiede “cosa ne pensi?”; “come vedi la situazione?”. Questa è la parte più difficile del feedback.
  • Siccome il nostro livello emotivo a questo punto spesso cresce (anche se non ce ne accorgiamo!), invece di instaurare un dialogo, abbiamo la tendenza a parlare molto.
  • I rischi se non lasciamo che l’interlocutore si esprima sono i seguenti:
    • non c’è più dialogo e si rischia di litigare o di avere la sua sottomissione passiva d
    • il nostro interlocutore ha bisogno di esprimersi per assorbire lo shock del feedback, per assimilarlo e integrarlo. Anche se ha un rifiuto immediato, ciò non vuol dire che sia un rifiuto per sempre. Quando abbiamo un’emozione forte, capita anche a noi di rifiutare cose che poi, in fondo, sappiamo essere vere.
  • Se la sessione di feedback diventa troppo accesa o se la persona piange, niente ci obbliga a farla durare o a sostenere emotività che non siamo in grado di assorbire. In questo caso, interrompete educatamente la sessione di feedback e proponete all’interlocutore di “dormirci sopra” per rivedervi l’indomani con animo più tranquillo.
  • Vi raccomando questa soluzione piuttosto che fare durare la sessione per ore. Però l’indomani è obbligatorio che vi rivediate.
  • Concludete la sessione di feedback con un piano d’azione preciso e un follow up puntuale.
  • Infine, vi raccomando di non dare nella stessa sessione un feedback positivo e negativo allo stesso momento:
    • il feedback negativo cancellerà ogni effetto del feedback positivo perché la persona si ricorderà solo del negativo. Di conseguenza l’effetto del vostro feedback positivo sarà completamente cancellato.
    • non c’è nulla di peggio di un feedback positivo con un “ma” e poi un feedback negativo: è come lo zuccherino prima della batosta che vi fa perdere in credibilità e vi fa apparire come poco coraggiosi. E’ il miglior modo di perdere la fiducia della persona.
  • In soli due casi potete dare un mix dei due feedback (positivo e negativo):-
    • quando fate un bilancio di follow up di un progetto. Si tratta di feedback operativi in cui il positivo si mischia necessariamente al negativo.
    • quando fate il feedback di fine anno. Essendo un bilancio dell’anno, avrete elementi positivi ed elementi negativi da dire.

Struttura di un feedback positivo

Come per il feedback negativo: fatti, conseguenze, emozioni

Poi nella parte di dialogo si parla degli apprendimenti e di come questi apprendimenti possono applicarsi in altri campi.

The art of feedback – Anna Gallotti Part 5

Link: http://youtu.be/eF8SXxFeV_w

Per finire, relazione tra feedback ricorrenti e feedback di bilancio di fine anno

Non c’è nulla di peggio a livello manageriale di dare un solo feedback e unicamente alla fine dell’anno. Come nel caso di Eleonora, questa cosa può avere un effetto molto deprimente.

Se volete avere una riunione di feedback di fine anno che sia piacevole e senza stress, vi raccomando di dare feedback positivi e negativi durante tutto l’anno, cosi la riunione annuale è solo una conferma di feedback già conosciuti.

Più date feedback, più sarete avvezzi e sarete bravi a darne!

Finisce cosi la conferenza.

Nota

Si passa in seguito a una fase di domande/risposte che non riporto qua perché molto legata alle problematiche delle singole persone.

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