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Come pianificare team coaching che funzionino davvero

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Questo mese, per la nostra newsletter, ospitiamo con estremo piacere Ben Dattner, un amico e collega che ci regala un interessantissimo contributo su come pianificare team coaching che effettivamente porti risultati soddisfacenti e a lungo termine. Buona lettura!

In tutto il mondo, team grandi e piccoli si riuniscono per svolgere dei team coaching per sfuggire alla realtà quotidiana dell’ufficio e rinforzare lo spirito di squadra. Purtroppo, molte di queste iniziative finiscono per non produrre alcun risultato, o anche peggio. A volte il senso di unità e coesione che si crea quando tutti ci stiamo “divertendo” insieme fuori dall’ufficio non dura molto una volta rientrati al lavoro. In altre occasioni, le attività finalizzate a costruire uno “spirito di squadra” ottengono non volendo il risultato opposto di suscitare antagonismo e ostilità tra le persone.

Per creare un team coaching che abbia effetti positivi e di lunga durata, sarebbe utile pensare a questi eventi come un microcosmo, o una “recita nella recita”, in cui sia il manager che il team usano l’evento come palcoscenico per provare nuove regole e dinamiche che vogliono poi portare con sé e continuare ad applicare una volta tornati in ufficio. Ciò che è importante mentre si scrive il “copione” dell’evento è essere consapevoli che le stesse opportunità e le stesse sfide che i leader e i team affrontano ogni giorno, sono quelle che si ripresenteranno durante l’incontro fuori ufficio.

Ad esempio, se l’obiettivo dell’incontro è fare in modo che tutti i membri del gruppo siano più partecipativi, è utile che tutti contribuiscano alla costruzione dell’agenda del giorno, e poi partecipino all’incontro. Se invece l’obiettivo fosse quello di chiarire ruoli e responsabilità, sarebbe utile identificare con molta chiarezza i ruoli e le responsabilità di ognuno sia nella preparazione del meeting che nella conduzione del meeting stesso.

Il paradosso, e la parte difficile per managers e team nella pianificazione di un team coaching, è che, per aumentare la possibilità che l’evento abbia successo e produca risultati a lungo termine, si deve introdurre il cambiamento desiderato prima che l’evento abbia luogo. Questo tipo di preparazione aumenta di molto la possibilità che i risultati desiderati vengano effettivamente raggiunti. Ma mettere in atto queste delicate dinamiche di interdipendenza non è facile.

Alcune buone norme possono aiutare. Ecco qui alcuni suggerimenti su “Cosa fare” e “Cosa NON fare” durante la pianificazione del prossimo team coaching:

Cosa NON fare:

Non lasciare che le vecchie dinamiche del team ostacolino le nuove dinamiche che stai cercando di creare. Ad esempio, se i membri del tuo team hanno difficoltà a far sentire la propria voce e confrontarsi apertamente in ufficio, non aspettarti che magicamente si sentano pronti a farlo solo perché sono riuniti in qualche località fuori sede. Piuttosto, considera la possibilità di coinvolgerli in uno scambio casuale in cui difendano punti di vista opposti, incoraggiandoli a discutere varie prospettive e strategie.

Non focalizzarti troppo sui punti di forza, bisogni o singole personalità di ogni membro del gruppo. Troppo spesso, infatti, i team coaching prevedono che ogni membro della squadra si sottoponga a un test della personalità come il Myers-Briggs Type Indicator e poi condivida i risultati con gli altri. E se è invitante l’idea di attribuire alle caratteristiche individuali di ognuno la responsabilità delle dinamiche di gruppo, la verità è che quasi sempre le interazioni collettive vanno oltre le singole personalità e subiscono l’impatto di fattori come le richieste degli interessati, la chiarezza degli obiettivi, la definizione di ruoli e priorità, le risorse disponibili, etc.

La priorità dovrebbe essere data a come rispondere collettivamente alle sfide e opportunità che si presentano al team, piuttosto che a come le diverse personalità all’interno del gruppo possono influenzare le interazioni individuali. A volte concentrarsi sulle singole persone può essere d’aiuto, ma si rischia di perdere il focus sul team nel suo complesso.

Non rinunciare alla tua autorità e non inviare messaggi equivoci rispetto al tuo ruolo. Se sei a capo di un team, ci si aspetterà che eserciti almeno in parte il tuo ruolo di leader e che tu prenda delle decisioni nella “recita nella recita” fuori ufficio. Fare finta che sei solo “uno del gruppo” durante il team coaching non è né credibile né utile per nessuno. Per dare potere al team, devi essere cosciente del tuo potere come leader, poiché proprio questo ti mette nella condizione di delegare la tua autorità sia fuori che dentro l’ufficio.

Non far travestire i membri del gruppo in uniforme militare per poi farli “combattere” nella foresta, nella giungla, o in qualsiasi altro posto. Non farli salire in go-carts per gareggiare e buttare l’altro fuori pista. Insomma, non prendere nessuna iniziativa che faccia sì che il team si trovi coinvolto in conflitti disfunzionali o comportamenti competitivi. Facendo così crei dinamiche di “tutti contro tutti” invece del desiderato “uno per tutti e tutti per uno”.

Non obbligare nessuno a cantare – o anche solo dover ascoltare – il karaoke. Si suggerisce anche di evitare il “gioco della fiducia” e cantare Kumbaya, dato che l’esercizio di “lasciarsi andare sulla fiducia” potrebbe finire male e onestamente quasi nessuno vuol cantare Kumbaya di sua spontanea volontà. Questo tipo di attività potrebbe invece portare il perfetto mix di cinismo e ironia tra i partecipanti. Inoltre, né tu né le risorse umane volete nessun video imbarazzante che gira su You Tube, giusto?

Cosa fare:

Sii chiaro sugli obiettivi del team coaching, e crea un’agenda che rifletta e rinforzi questi obiettivi. Ad esempio, guardando indietro al lavoro fatto, il team potrebbe volere: 1) riflettere sulle prestazioni passate per capire cosa è stato fatto bene cosa va migliorato; 2) discutere e confrontarsi sulle attuali sfide e opportunità; e 3) creare piani strategici per il futuro. La squadra potrebbe inoltre voler stabilire degli obiettivi da raggiungere a seguito delle riflessioni svolte, e decidere di volerli raggiungere in un modo che migliori le interazioni tra di loro: ad esempio guardando al passato, presente e futuro in maniera più aperta, costruttiva, partecipativa e proattiva.

Stabilisci regole di base. Tutti devono avere chiaro che il team coaching è uno spazio sicuro in cui le persone possono esprimersi liberamente e confrontarsi tra di loro e con te in maniera costruttiva, senza paura di ritorsioni. È anche utile garantire la totale riservatezza, nel senso che quello che viene condiviso durante l’incontro rimane tra i partecipanti e non verrà condiviso con altri una volta tornati in ufficio – a meno che il team, unanimamente, decida che vuole divulgare alcune informazioni.

Raccogli suggerimenti e input in forma anonima. Quando c’è una dinamica già stabilita all’interno del team, è difficile che la richiesta di cambiare degli aspetti di questa dinamica non risulti in un attacco più o meno esplicito ad altri membri del team o a te come leader. Richiedere contributi in forma anonima su cosa dovrebbe o meno essere all’ordine del giorno può invece portare a una lista di priorità più utile per tutti.

Un’altra cosa interessante potrebbe essere rivolgersi ad un coach , che può intervistare i membri del team e raccogliere suggerimenti e punti di vista sia per la struttura che per il contenuto del team coaching.

Pianifica attività che veramente costruiscano spirito di squadra. Un’attività che ho scoperto costruisce un autentico senso di interdipendenza e collaborazione è cucinare insieme, e poi mangiare insieme come gruppo. Proprio a livello primitivo, le persone con cui cacci o raccogli cibo, cucini e poi mangi, diventano nostri alleati invece che nostri avversari. Allo stesso modo, progetti di servizio pubblico o di volontariato – come lavorare sulle strutture di una scuola o un parco giochi, o costruire una abitazione per chi ha bisogno – può rinforzare lo spirito di squadra mentre si fa qualcosa di utile per la comunità.

Pianifica del tempo per la riflessione. Verso la fine del meeting, chiedi a te stesso e al team “Abbiamo raggiunto i nostri obiettivi durante questo team coaching, in termini di compiti, interazioni, processi e risultati? Abbiamo creato delle dinamiche comunicative e di collaborazione, o di discussione e dibattito, nuove e più efficaci? Ho effettivamente guidato questo incontro? Abbiamo creato insieme e con esito positivo una “recita nella recita” che stabilisce un precedente per nuove forme di interazione da portare avanti?”

Pianifica un follow-up. La protesta più comune a seguito di team coaching è che non c’è un seguito, o comunque non in maniera sufficiente, così che ogni passo avanti è solo temporaneo, e ogni obiettivo che ci si prefigge poi scivola da parte. Pianificare un evento fuori sede di follow-up o almeno un incontro di verifica tre mesi, sei mesi o un anno dopo l’evento iniziale aiuta ad essere sicuri che il team rimanga focalizzato nel portare avanti i piani d’azione concordati e nel creare un cambiamento positivo.

Un team coaching di successo è un’opportunità per la squadra per trasformare vecchie abitudini e creare nuove dinamiche comunicative e collaborative, cambiando l’interazione all’interno del gruppo per il meglio. In conclusione, con i giusti suggerimenti, preparazione, processi e follow-up, il temporaneo microcosmo della “recita nella recita” del team coaching può portare benefici duraturi nella dinamica complessiva del team anche una volta che tutti sono tornati in ufficio.

Originariamente pubblicato sulla Harvard Business Review al link: https://hbr.org/2015/06/how-to-plan-a-team-offsite-that-actually-works.

L’Autore:
Ben Dattner è un executive coach e consulente di sviluppo organizzativo. Ben è inoltre il fondatore della Dattner Consulting, LLC, che ha sede a New York City.

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