Un percorso di coaching e’ spesso un percorso di vita

Olivia è una manager in una grande azienda. Il suo capo mi ha chiamato per iniziare un percorso di coaching con lei, coi seguenti obiettivi: i progetti non vengono consegnati tempestivamente e c’è  una disconnessione con il suo team. Olivia era percepita come estremamente dura, esigente e professorale.

Abbiamo iniziato il coaching con queste premesse ma, quasi subito, praticamente durante la prima seduta, è emerso un altro tipo di disallineamento: quello tra lei e il suo capo, lo stesso che mi aveva assunto per lavorare sullo stile manageriale di Olivia. Di primo impatto ciò che mi colpi’ fu che la natura profonda di Olivia non era quella che emergeva nell’interazione quotidiana con il suo team e i suoi superiori. La sua intenzione non era mai stata quella di mantenere le distanze o sentirsi superiore alla sua squadra, né di ritardare l’avvio di progetti della cui importanza era molto consapevole.

Così consapevole infatti, che non stava solo prestando attenzione alla fattibilità tattica dei progetti, ma anche al posizionamento di quei progetti all’interno della più ampia strategia aziendale. Non poteva pensare di attivarli, infatti senza poter garantire il loro funzionamento a lungo termine e assicurare il maggior beneficio per l’intera azienda. Una visione che esitava ad esprimere in modo esplicito perche’, da un lato, non voleva offendere o contraddire il suo capo, il cui approccio sembrava più tattico, e dall’altro, perche’ non si dava credito. Sembrava che non si rendesse conto di quanto la sua prospettiva fosse rilevante e quale punto di forza fosse questa sua capacità di pensare al quadro generale. Lei la interpretava invece come una possibile fonte di conflitto o contrasto, e la frustrazione che derivava dal reprimerla si riversava poi in quel perfezionismo, rigidità e pedanteria che erano stati indicati come aree da migliorare.

Dopo il nostro primo incontro, con una comprensione piu’ profonda della situazione, capimmo che il problema non risiedeva nel suo rapporto con l’ambiente lavorativo, nel suo impegno nel lavoro o nel rapporto con il suo team. La questione “viveva” su un altro livello, uno strato più profondo: il rapporto con la sua identità. Quindi è lì che abbiamo iniziato a lavorare.

Capire dove si situa il problema del coachee è sempre immensamente vantaggioso per una relazione di coaching produttiva. Nel nostro caso, come prima cosa abbiamo cercato di abbassare il muro che Olivia aveva costruito per proteggersi da un ambiente che sembrava non apprezzare le sue doti e che quindi la faceva sentire insicura. Aveva bisogno di accettare la sua umanità, la sua imperfezione ma anche i suoi bisogni, desideri ed emozioni, che ci dicono sempre molto su ciò che per noi ha valore.

Aprendosi alla sua vulneribilta’, Olivia è stata in grado di riconoscere la rabbia e la frustrazione che si erano accumulate sotto la superficie e la solitudine che provava cercando di sostenere la sua visione quando nessun altro sembrava supportarla. Ammorbidendosi in questo modo, ha potuto guardare più a fondo ai suoi valori e alla realta’ di quella situazione: Olivia dava valore a una visione strategica più che tattica, a un pensiero d’insieme e a un approccio sistemico, nonché a un ambiente di lavoro rispettoso e professionale.

Guardando alla situazione attraverso queste lenti, abbiamo potuto vedere dove questi valori non erano stati onorati. Olivia è stata in grado di identificare dinamiche di mancanza di rispetto tra i membri del team, così come tra il team e lei stessa, e fare un brainstorming sulle strategie per affrontarle. Di conseguenza, il clima del team è notevolmente migliorato con un incremento della motivazione dei collaboratori.

Il lavoro più profondo però è avvenuto nella sua consapevolezza di sé. Attraverso le nostre sessioni, Olivia si è resa conto che l’alto valore che attribuiva al rispetto e alla professionalità le aveva impedito di riconoscere e far fruttare i suoi talenti, poiche’ si era lasciata guidare dai desideri e dalle direttive di altri e in particolare del suo capo, che aveva competenze diverse e non vedeva il valore aggiunto che lei portava.

Quando ha capito questo, passo dopo passo ha lavorato per scrollarsi di dosso quello che gli altri si aspettavano da lei come leader e ha iniziato a chiedere a se stessa che tipo di leader voleva essere e diventare. Una volta che Olivia si è permessa di riconoscere la sua intelligenza, capacità di visione e pensiero strategico, ha anche iniziato a vederli come ciò che la rendeva unica e preziosa. Ha trovato il coraggio di parlare chiaro e sostenere le sue idee e proposte, contrastando il suo capo se necessario, cosa che non era mai stata in grado di fare prima.

Era come se potesse finalmente vedersi per la prima volta, e una volta che vedi… non puoi non vedere!

La sua postura era completamente cambiata a quel punto: da li’ ha iniziato a pensare, parlare e agire come un dirigente più che come un manager. Il passo successivo è stato una conseguenza naturale: passare a una posizione più elevata in cui poteva essere se stessa e sfruttare i suoi punti forti. La vittoria piu’ grande, però, è stata “come” si e’ allontanata dal ruolo precedente: non spinta dal bisogno di difendersi o dallo scoraggiamento, ma dalla consapevolezza del suo valore e assumendosi la responsabilita’ del suo futuro. E questo fa la differenza.

In conclusione, prima di accettare di pensare che il problema sei tu…ripensaci! Tutti abbiamo bisogno di migliorare, ma prima è meglio radicarci in chi siamo, cosa possimao offrire e chi vogliamo essere in questo mondo. Non dare tutto il tuo potere agli altri, non credere a tutto ciò che ti viene detto. Datti uno sguardo profondo e sii onesto con le tue aree di miglioramento cosi’ come con i tuoi punti di forza, perché in questo modo non stai solo beneficiando te stesso, ma tutti e tutto ciò che ti circonda.

E per quanto riguarda noi coach… siamo qui per aiutarti se necessario!

Photo by Ricardo Rocha on Unsplash

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