I paradossi del cambiamento

Le vacanze estive sono spesso un momento di relax in cui cambiarsi le idee, pensare a qualcos’altro o prendere il tempo per rivedere certe situazioni con più distacco. Se siete tra coloro che vogliono prendere la seconda opzione, vi propongo una serie di riflessioni su cui mi sono attardata ultimamente.

Accompagnando coloro che accompagnano il cambiamento ho capito due cose:

1 / Per accompagnare il cambiamento vero, quello che agisce in profondità, non si può fare l’economia di cambiare se stessi.

Nel mio gergo si parla di “effetto sistemico”: noi stessi siamo un complesso sistema composto dal funzionamento del nostro corpo e della nostra mente. Anche i collaboratori di un’azienda costituiscono un sistema complesso composto dalla somma degli individui che sono molto diversi l’uno dall’altro nelle loro reazioni al cambiamento e nel tempo di assimilazione della nuova situazione. In ogni sistema complesso c’è sempre una risonanza tra ciò che accade dentro e ciò che accade fuori: dentro di noi e nel sistema in cui operiamo. Come se i due sistemi fossero due specchi uno di fronte all’altro. A livello individuale, possiamo vedere quante volte diamo la colpa l’altro di non cambiare o di reagire sempre “in questo o in quel modo.” Ma se prima non cambiamo qualcosa in noi stessi e/o nel nostro approccio, è molto probabile che l’altro avrà sempre le stesse reazione rispetto a noi. Allo stesso modo, quando un leader accompagna il cambiamento la prima domanda che si deve porre è: che cosa devo cambiare nei miei pensieri e nei miei modi di fare in modo che gli altri avranno voglia di seguirmi e mettersi anche loro in discussione?

2/ L’altro elemento su cui ho riflettuto rispetto al cambiamento sono i paradossi

Il processo del cambiamento è, per così dire, cosparso di paradossi e l’arte di accompagnarlo efficacemente consiste nel trovare il punto di unione tra questi due estremi apparentemente inconciliabili. Dico “arte” perché non esiste una ricetta magica. Ognuno deve trovare la propria equazione che, del resto, può cambiare a seconda del contesto. La cosa importante è di essere aperti a aumentare la nostra autoconsapevolezza e di imparare sempre di più su noi stessi e il mondo che ci circonda.

Propongo una lista di paradossi che ho notato: se ne avete altri, sono curiosa di conoscere i vostri!

Paradosso 1: Come rimanere flessibili e al contempo avere la situazione sotto controllo ?

In ogni cambiamento si va da una situazione nota a una nuova. Di conseguenza, non possiamo essere sicuri al 100% del risultato, il futuro è, per definizione, imprevedibile. Pertanto, se restiamo sulle nostre idee iniziali, rischiamo di non vedere opportunità impreviste che stanno emergendo. Pertanto, è importante prendere in conto la situazione avendo un controllo sull’obiettivo finale, ma, per esempio, adattando i mezzi o cambiare il percorso per arrivarci, se questo si rivela migliore. Per fare questo, è necessario innanzitutto essere aperti e ascoltare, osservare ciò che sta accadendo sul terreno, che non è sempre facile quando si è sotto stress, con reporting da rendere e stretti con i tempi. È per questo che la flessibilità può essere difficile perché sotto stress abbiamo la tendenza a favorire il controllo, mentre se ci rimaniamo aperti potremmo risparmiare le nostre energie. Ma quando privilegiare il controllo e quando la flessibilità? È proprio per questo che uno stato d’animo aperto facilita il consolidamento del paradosso.

Paradosso 2: Come essere sicuro/a di me stesso/a quando non sono sicuro/a del risultato al 100% o non ho una visione completamente chiara di come arrivarci ?

I collaboratori hanno bisogno di certezze, soprattutto nei grandi momenti di sconvolgimento. Avere un manager che dà la direzione, anche se a volte non c’è adesione o ci sono rimostranze è comunque rassicurante. Ma come essere rassicurante quando si ha il ruolo di manager e non si è certi al 100% su come procedere? Questo è il paradosso. In questi casi, vi consiglio di essere molto chiari circa l’obiettivo finale del cambiamento e aperti per trovare le soluzioni migliori per arrivarci, approfittando della conoscenza del gruppo e dell’intelligenza collettiva. A volte è necessario aprire un dialogo con un grande gruppo, a volte con un gruppo più piccolo, a seconda del tema e del contesto. A volte abbiamo solo bisogno di dire “non so” e vedrete che i collaboratori sanno essere più resilienti di quello che immaginiamo e possono anche avere idee molto migliori delle nostre …

Paradosso 3: Come essere trasparenti e al contempo motivare la squadra ?

Spesso i manager pensano che se annunceranno un cambiamento, i collaboratori potrebbero essere demotivati. Un modo per evitare questo inconveniente consiste in una comunicazione autentica del cambiamento. Essere autentici significa dire ciò che pensiamo e agire in modo coerente. Questo non significa che bisogna dire tutto subito per evitare di «sommergere» i collaboratori con troppi messaggi. Mentre alcuni di essi possono aver bisogno di più tempo per “digerire” il cambiamento, altri saranno più espressivi nell’esprimere il loro disaccordo o la loro insoddisfazione. È importante avere fiducia che col tempo i collaboratori assimileranno il cambiamento e che, se la comunicazione è ben gestita, le truppe seguiranno. Una cosa è certa: se non comunichiamo a sufficienza, le « voci di corridoio » renderanno la gestione del cambiamento più difficile.

Paradosso 4: Come procedere velocemente en al contempo coinvolgere tutti ?

Nella gestione del cambiamento si deve seguire un ritmo che permetta al risultato finale di apparire il più rapidamente possibile. Questo è molto rassicurante sia per i manager che per i team. Non c’è niente di peggio dell’incertezza. Ma ognuno ha il suo ritmo nel cambiamento: in ogni gruppo c’è chi è contento del cambiamento e chi ha più difficoltà ad adattarsi, coloro che si oppongono e quelli che ci credono. Come manager è importante sapere rinunciare al «tutti d’accordo all’unisono», semplicemente perché non è realista. Bisogna accettare che le persone abbiano ritmi diversi, continuare con una comunicazione aperta e rassicurante appoggiarsi sugli “early adopters” per convincere i recalcitranti.

Paradosso 5: Come cambiare me stesso/a e al contempo restare me stesso/a?

Come indicato all’inizio di questa newsletter non è possibile sostenere efficacemente il cambiamento, se non si accetta il cambiamento di se stessi: o perché dobbiamo diventare più agili, o perché abbiamo bisogno di coinvolgere i collaboratori, o di cambiare il nostro modo di ascoltarli, o perché dobbiamo cambiare i nostri modi di fare le cose, ecc.

Ma come essere sé stessi per mantenere la rotta della gestione del cambiamento? Come non confondere i nostri collaboratori con i nostri cambiamenti, in modo che si possano appoggiare a noi in quanto punti fermi? È proprio questa la difficoltà di questo paradosso … Eppure, quando cambiamo qualcosa nel fondo di noi stessi, ciò che è visibile non è una rivoluzione ma piuttosto una maggiore flessibilità, meno tensioni, meno stress. Provate per crederci!

Conclusioni

La congiunzione degli estremi è spesso il risultato dell’esperienza, di una migliore comprensione di noi stessi, di una certa saggezza che non dipende da età, ma dalla nostra capacità a riflettere su ciò che ci accade. Il risultato è spesso sorprendente perché ci si sente semplicemente più in pace con sé stessi e con gli altri.

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