Della necessità di una spiritualità in azienda: conoscere il proprio spirito come un fattore di leadership

Questo è il primo di una serie di articoli sulla spiritualità.
L’obiettivo è quello di proporre il mio contributo al di là dei preconcetti che ognuno di noi potrebbe avere sulla materia.

In questo primo articolo illustrerò perché la spiritualità è necessaria in azienda.
Nel corso dei prossimi mesi, ulteriori articoli tratteranno come coltivare questa spiritualità sia sul piano individuale che su quello collettivo.

La domanda iniziale di quasi tutti i coaching individuali riguarda lo sviluppo della leadership, con problematiche come, per esempio:
• gestire le proprie emozioni durante le riunioni difficili dal punto di vista emotivo o in situazioni di stress
• fronteggiare i cambiamenti del mondo che ci circonda mantenendo un equilibrio tra la vita personale e professionale
• capire come funziona la politica aziendale affinché le proprie competenze siano riconosciute
• riuscire la tappa successiva della propria carriera

Dopo tanti anni di esperienza nell’accompagnare i leader di fronte a queste situazioni, sono arrivata alla conclusione che la chiave di volta di una vera leadership si trova nella capacità di coltivare e arricchire la propria spiritualità.

Della spiritualità oggi

Spiritualità viene dal latino spiritus, che significa spirito, soffio, slancio vitale.
Coltivare la propria spiritualità permette di arricchire la propria una forza vitale e di dotarsi di slancio creativo.
Oggi, il fatto di coltivare la propria spiritualità non costituisce un lusso edonista o un distanziarsi dalla vita materiale, ma è un’esigenza per chi vuole evolvere nella propria dimensione personale e professionale.

Leadership e spiritualità

La leadership di oggi consiste nella capacità a essere e restare innovativi, a essere motori performanti in un mondo sempre più complesso, stressante, talvolta ostile e, allo stesso tempo, capace di assicurare un clima positivo e stimolante per sé, i propri collaboratori, i famigliari e più in generale le persone intorno a noi.

Per riuscire a creare e mantenere questo equilibrio , l’elemento chiave della leadership è la capacità a gestire la propria bussola interna.

Infatti, l’impegnarsi a comprendere meglio la complessità del proprio spirito e quindi ad arricchire questa conoscenza, permette di capire meglio le molteplici sfumature e sottigliezze di una situazione che viviamo, delle persone, con le loro reazioni e i loro stati d’animo, come se fossero lo specchio di noi stessi.

Inoltre, come espresso da Gandhi, “Sii tu il cambiamento che vuoi vedere”. Le emozioni che proviamo, i nostri pensieri e le nostre azioni hanno un grande impatto sul nostro ambiente e sugli altri, spesso molto più forte di quanto noi stessi pensiamo.

Da queste considerazioni si evince che la nostra capacità di coltivare la nostra mente e il nostro slancio vitale diventa il fattore di successo.

Leadership e spiritualità: gli stadi di sviluppo verticale

Studi recenti sulla leadership hanno messo in evidenza une nozione vicina a quella di spiritualità come noi la intendiamo: lo sviluppo verticale.

Mentre lo sviluppo orizzontale di sé stessi consiste nell’accrescere la quantità e la varietà di conoscenze e competenze in diversi campi nel mondo intorno a noi, lo sviluppo verticale riguarda un approfondimento della conoscenza di sé stessi e del proprio spirito.

Altri studi recenti hanno messo in evidenza i diversi stadi di sviluppo degli adulti e del modo in cui evolvono nel tempo, nel campo dello sviluppo verticale.
Più un adulto avanza nel raggiungimento dei diversi stadi di sviluppo, più la sua leadership si arricchisce grazie a una comprensione sempre più approfondita, sfumata e visionaria del mondo che lo circonda.

I primi tre stadi di sviluppo sono designati come “convenzionali”: sono gli stadi “Diplomat“, “Expert“, “ Achiever”, raggiunti cumulativamente da 80% dei manager. Questi stadi di sviluppo corrispondono ad una visione della realtà come univocamente si presenta.

Per esempio, per gli Expert un progetto è visto come una serie di attività da svolgere, che, per raggiungere il risultato, devono essere eseguite “a modo mio”; gli Achiever sono più concentrati sugli obiettivi che condizionano il modo in cui prestano attenzione al loro spirito e a quello degli altri.

Questi primi stadi di sviluppo sono seguiti dai tre stadi detti “post convenzionali”: “Pluralist“, “Strategist” e “Magician“.
In queste fasi di sviluppo i leader riescono a cogliere la complessità del mondo esterno e del proprio spirito in modo multiforme, con profondità e sfumature. La spiritualità diventa una componente chiave del nostro equilibrio che ci permette al contempo di rimetterci in discussione e accettare noi stessi e gli altri per agire in modo più pertinente e globale.

Gli stadi “post convenzionali” si confanno meglio ai leader che devono destreggiarsi con le sfumature del mondo e degli altri, includendo la dimensione dello spirito. Consentono di trovare il punto di unione di una molteplicità di verità, di adattare e anticipare i cambiamenti o le inversioni di tendenza, di co-costruire progetti comuni con i collaboratori, moltiplicando la somma dei contributi di ognuno in modo innovativo e durevole.

I leader in stadi di sviluppo “convenzionale”, invece, sono a loro agio in ambienti stabili in cui accompagnano cambiamenti relativamente superficiali, quali i cambiamenti nei processi o nelle tecniche.

L’azienda e lo sviluppo della spiritualità

Nelle aziende di oggi e del futuro, è essenziale disporre sia di leader che hanno raggiunto le fasi di sviluppo “convenzionali”, che leader nelle fasi “post convenzionali” e quindi dotati di una forte bussola interna, per operare efficacemente di fronte alla complessità umana (individuale e collettiva) e quella del mondo esterno.

Ma l’azienda non può – e non deve – obbligare né controllare i collaboratori nel loro sviluppo spirituale.

Infatti i programmi di management o di coaching ordinati in serie in cui ognuno deve mettersi in gioco e aderire ai valori aziendali, consentono al meglio lo sviluppo orizzontale, in base alle fasi di sviluppo “convenzionali”.

Per incoraggiare – non imporre – lo sviluppo verticale, più spirituale e profondo i leader devono prima accettare di rinunciare a una parte del loro controllo sui collaboratori. Le aziende e i loro leader devono anche incoraggiare le persone a crescere spiritualmente, lasciando loro la totale libertà di prendere o meno questa strada, che rimane unicamente nella sfera di un profondo desiderio personale, e non puo’ essere dettato dalla conformità agli standard aziendali.

Questo approccio, che coinvolge le aziende e i loro leader, ha successo qualora la strategia del business e lo stile di leadership siano congruenti con lo sviluppo spirituale in un clima positivo per i collaboratori e l’ambiente esterno (fornitori, clienti, …).

Nei prossimi articoli illustrerò:
• Come sviluppare individualmente la spiritualità
• Come le organizzazioni possono favorire e incoraggiare i collaboratori a svilupparsi personalmente per contribuire al successo dell’organizzazione sia sul piano interno (per i collaboratori) che esterno (clienti, fornitori, ecc.).

Bibliografia

Tra i diversi articoli, vi propongo quello del CCL « Vertical Leadership » di Nick Petrie, 2013.

Harvard Business Review : Seven Tranformations of Leadership, April 2005 ; Making Business Personal, April 2014; The Deliberately Developmental Organization, by Robert Kegan, Lisa Lahey, Andy Fleming, Matthew Miller, and Inna Markus, Way to Grow, Inc. 2014.

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