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Perché la collaborazione richiede la nostra piena consapevolezza?

Sixtine-chapel

Recentemente ho avuto l’opportunità di accompagnare un team di direzione che affronta forti tensioni a causa delle difficoltà del mercato di riferimento e di un cambiamento significativo nella strategia dell’azienda. L’obiettivo, come spesso accade nei miei interventi, è rompere i silos per sviluppare una collaborazione trasversale. Ho iniziato il progetto intervistando ogni membro del team. Nonostante le tensioni dovute al forte stress di tutti, ho notato che quasi tutti avevano provato strategie per funzionare meglio come squadra, senza successo. Tutti avevano idee su come farlo, ma nessuno era in grado di metterle in opera.

La domanda che mi sono posta e che ha guidato la mia ricerca è stata: perché tutte queste persone così ben intenzionate e che vedono così chiaramente la necessità di lavorare in uno spirito di collaborazione, nell a realtà del lavoro quotidiano non ci riescono?

La collaborazione è legata al nostro corpo

Da qualche tempo, accompagnando i leader che vivono in ambienti molto competitivi e stressanti, ho iniziato a studiare i legami tra il nostro corpo e il nostro comportamento. L’idea di base è che nelle nostre civiltà occidentali siamo abituati ed educati a separare il corpo e la mente come due entità, mentre molti studi hanno dimostrato che siamo un’unica entità: il nostro corpo è la nostra mente e vice-versa.

Di conseguenza, questa dicotomia provoca una disconnessione con le nostre sensazioni fisiche e quindi con le nostre emozioni che si manifestano nel nostro corpo ben prima di raggiungere la nostra coscienza.

Perché sto parlando di questa connessione mente-corpo in un articolo sulla collaborazione?

Recenti studi hanno rivoluzionato le convinzioni di medici e psicologi sui meccanismi dello stress e i loro effetti sulla nostra capacità di relazionarsi con gli altri, quindi di collaborare. Per la prima volta, la chiave della collaborazione è stata trovata nel nostro corpo, piuttosto che nella nostra mente. È attraverso una migliore connessione con i nostri sintomi corporei e con la nostra intenzione di collaborare che, anche in tempi di alta tensione, una squadra riesce a lavorare all’unisono.

Due letture hanno guidato i miei studi su questo tema: “The Polyvagal Theory in Therapy” di Deb Dana e “Accesso al potere curativo del nervo vago” di Stanley Rosemberg, disponibile solo in inglese nelle librerie.

Breve viaggio nel nostro sistema nervoso

Secondo le teorie tradizionali sullo stress, abbiamo due sistemi: un sistema simpatico che viene attivato sotto stress. Produce una serie di reazioni fisiche che ci preparano a “combattere o fuggire”, vale a dire combattere la fonte di pericolo o fuggire. Una volta che il pericolo è passato, attiviamo il sistema parasimpatico che ci consente di recuperare e ritornare a uno stato di calma.

Secondo questa nuova teoria, chiamata teoria polivagale, in realtà abbiamo tre sistemi, due dei quali partono dal nervo vago. Abbiamo 12 nervi cranici che sono doppi poiché ognuno controlla metà del nostro cervello. Sono tutti simmetrici (per esempio abbiamo due nervi ottici, uno per ciascun occhio) e nascono e finiscono tutti nella nostra scatola cranica. Il nervo vago che è il numero X (sono enumerati in numeri romani) è l’unica eccezione alla regola: innanzitutto “vaga” come dice il nome latino (“vagor”): parte dal tronco cerebrale dietro al collo, controlla sia la nostra attività facciale che i nostri organi vitali (stomaco, fegato, milza, reni, cistifellea, vescica, parti dell’intestino, pancreas e inoltre influenza l’attività del cuore). Inoltre, non è simmetrico perché ciascuno dei due rami del nervo vago ha una funzione distinta.

In questa tabella, sinteticamente illustro i tre sistemi, iniziando dal più antico al più recente nell’evoluzione del nostro sistema nervoso.

Il “neuroperception”

Una delle funzioni primarie del nostro sistema nervoso è avvisarci dei pericoli per assicurare la nostra sopravvivenza.

Stephen Porges ha creato una nuova parola “neurocezione” (in inglese “neuroception”). È la nostra percezione a livello del sistema nervoso che viene percepita prima della percezione a livello dei 5 sensi e della cognizione. È quindi molto più veloce ed immediata della percezione che passa attraverso i nostri 5 sensi.

Ognuno di noi ha provato brividi di pericolo senza averne una percezione attraverso i sensi. Basti pensare quando entriamo in una sala riunioni dopo un acceso dibattito: in questo caso “sentiamo” che c’è tensione nell’aria, ma non ne abbiamo prove sensoriali.

Per assicurare la nostra sopravvivenza in un ambiente ostile, molto presto nell’evoluzione abbiamo sviluppato questo “sesto senso” che ci permette di attivare immediatamente, prima del processo “lento” della nostra cognizione, tutte le risorse che ci permettono di preservare la nostra vita.

Queste due risorse sono: il sistema del ramo dorsale del nervo vago (immobilizzazione) e la catena spinale simpatica (fuga o combattimento).

Immagino che ognuno di voi possa vedere la catena causa-effetto del sistema “fuga-combattimento” in un contesto lavorativo o in un contesto di pericolo.

Perché anche l’immobilizzazione serve anche a preservarci? Vi invito a guardare i documentari che illustrano la reazione della gazzella che viene inseguita da una leonessa. Non appena sente che la leonessa è a caccia, scappa a gambe levate (sistema della catena simpatica spinale). Poi, sfortunatamente per lei, a volte capita che la leonessa la catturi. Nel momento stesso in cui la gazzella si trova tra le fauci della leonessa, si ferma: tutte le sue funzioni si estinguono, tranne quelle che servono a tenerla in vita che rimangono attive. E spesso, la leonessa che non è un animale che mangia carogne, pensando che la gazzella sia morta, rilassa la mascella e appena può, la gazzella corre via, come se nulla fosse accaduto! Come la gazzella, anche noi, di fronte alla paura travolgente, ci fermiamo e restiamo come congelati senza poter pensare, proprio perché tutte le nostre funzioni cognitive si estinguono, lasciando spazio solo a quelle che sono strettamente vitali.

Come si applica questa teoria sul lavoro

Stai iniziando a intravedere come questi tre sistemi influenzano la collaborazione?

Torniamo al mio team di direzione. L’ambiente estremamente stressante in cui operano attiva in continuazione del loro sistema di catena simpatico spinale (quindi competono o evitano le situazioni di potenziale conflitto), o il sistema del ramo dorsale del nervo vago (quindi talvolta sono inattivi di fronte a decisioni difficili da prendere). Tutto questo non lascia spazio per la cooperazione che può essere attivata solo quando la nostra “neurocezione” sente che siamo al sicuro. Immagina per un momento di ricevere ogni giorno stress dai tuoi colleghi o dai tuoi superiori che controllano tutto ciò che fai e inviano richieste che consideri non realiste; e/o che i tuoi colleghi ti “pugnalano” dietro la schiena per “salvare la loro pelle”; e/o che devi fronteggiare i tuoi collaboratori che non sanno più come salvare l’azienda e il loro lavoro … Come attivare il ramo ventrale del nervo vago, ossia la collaborazione, in queste condizioni?

Alcuni modi per andare verso una maggiore collaborazione

La strategia che ho adottato per portare questo team di direzione a una maggiore collaborazione è stata innanzitutto di spiegare la teoria in modo sintetico. La spiegazione li ha aiutati molto a prendere coscienza del loro ruolo e responsabilità nella mancanza di collaborazione. Inoltre li ha aiutati ad essere più attenti a sé stessi e agli altri, portandoli meno verso il giudizio dell’altro e più verso la comprensione reciproca.

Poi abbiamo fatto esercizi che hanno permesso a tutti di parlare tra loro “da persona a persona” per portarli a più condivisione, umanità e comprensione reciproca. Abbiamo anche lavorato su strumenti molto facili da mettere in pratica nella vita di tutti i giorni per aumentare l’autoconsapevolezza rispetto all’attivazione dei tre sistemi nervosi e alle loro conseguenze sulla collaborazione con gli altri.

Abbiamo fatto il seguente esercizio che ho preso da “The Polyvagal Theory in Therapy”. Ognuno di loro ha analizzato una recente giornata di lavoro dal punto di vista dell’attivazione dei tre sistemi e ha condiviso questa analisi con gli altri. Hanno completato il seguente diagramma:

Questo esercizio ha permesso loro di fare un ulteriore passo verso la comprensione reciproca. Ora i membri del team hanno una maggiore consapevolezza delle loro emozioni e stati d’animo e delle conseguenze che possono avere sulla loro collaborazione. Sono anche in grado di parlare con un linguaggio comune che è facile da capire e immediato, permettendo loro di riflettere e ricalibrarsi quando vedono che stanno entrando in discussioni sterili o stanno per nascere situazioni di tensione.

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