Aumentare la propria leadership attraverso esperienze difficili

Sviluppare la propria spiritualità individuale

Cito alcuni esempi di casi incontrati durante la mia carriera di executive coach:
Giovanni non era soddisfatto del suo lavoro, era diventato aggressivo con i suoi colleghi e aveva appena subito un burn-out.
Paolo voleva ritrovare il senso della sua vita professionale e il desiderio di lavorare, ma insisteva nel ritenersi infelice e riteneva di avere il destino che remava contro di lui.
Stefano, voleva dimostrare più leadership, ma si lamentava degli altri e degli eventi esterni, che considerava come l’unica causa delle sue insoddisfazioni professionali.

L’elemento che accomunava Giovanni, Paolo e Stefano era di avere una “buona” ragione per essere infelici. Oggettivamente si trovavano in situazioni difficili professionalmente e talvolta anche a livello personale.
Avevano in comune un’altra caratteristica: erano sfiduciati nella loro capacità di far fronte, e non avevano alcun desiderio di prendere in considerazione questa possibilità. Le loro difficoltà provenivano, secondo loro, dal mondo esterno: erano diventati spettatori della loro triste vita.

Oggi, Giovanni, Paolo e Stefano, hanno raggiunto i loro obiettivi e sono soddisfatti della loro vita: cosa è cambiato per loro?

Abbiamo lavorato insieme su tre aree principali, partendo dall’analisi delle loro situazioni professionali, ma lavorando sulle loro esperienze personali e su di loro come individui. Queste tre aree di lavoro sono le seguenti.

1. Le risorse interne

Per far fronte a situazioni difficili, ci sono tecniche per autoanalizzarsi e capire meglio le proprie reazioni in situazioni di tensione. L’obiettivo è di gestire meglio le emozioni e far fronte a momenti di abbattimento. Queste tecniche sono rassicuranti perché consentono di verbalizzare i propri sentimenti e capire ciò che sta accadendo nel nostro animo e danno indicazioni su come reagire. Inoltre costituiscono un supporto per lavorare sulla propria auto consapevolezza: più mi conosco, più mi rendo conto delle risorse che ho in me. Infine, queste tecniche sono la base per lo sviluppo della spiritualità individuale, che è la porta per comprendere situazioni difficili, non solo come eventi su cui agire, ma anche come fattori di cambiamento, di autoapprendimento. E, in ultima analisi, questo arricchimento personale ci consente di affrontare al meglio qualsiasi situazione difficile.

2. Uscire dalla negazione

Di fronte a situazioni difficili, si tende a sviluppare meccanismi di difesa, come la negazione, che ci protegge dagli aspetti della situazione più insopportabili e dolorosi per noi. Uno degli effetti della negazione è considerare una situazione come insolubile, per darci un buon motivo per non cercare una soluzione. la negazione ci fa dimenticare che siamo attori della nostra vita e ci fa pensare: “E ‘colpa del mio capo”; “Non si può fare questo o quest’altro, è sempre stato così”; “L’azienda per la quale ho dato tanto deve riconoscere i miei sforzi e ricompensarli”, … La negazione ha una virtù protettiva, ma ci impedisce di guardare in faccia alla realtà, e soprattutto è un fattore limitante per lo sviluppo della nostra mente e del nostro essere.

Uscire dalla negazione permette, prima di tutto, di smettere di lamentarsi come vittime, di prendere in considerazione tutti gli aspetti della situazione e i nostri sentimenti, per poi impegnarci ad agire diversamente da quanto provato in precedenza, come ad esempio comunicare in modo efficace con il nostro capo, agire in modo diverso nei confronti di un’azienda che non prende in considerazione il nostro valore, avere il coraggio di intraprendere un nuovo stile di vita…

Va notato che la negazione è utile per proteggere da ciò che non potremmo sopportare di vedere. Ed è proprio per questo che un “sintomo” tipico di questo meccanismo di difesa è non renderci conto che lo mettiamo in opera. Nel coaching, si consiglia di scegliere il momento giusto per accompagnare una persona verso una maggiore lucidità. L’attesa di questo momento può essere lunga. Ma meglio aspettare che rischiare di ferire senza ottenere alcuna consapevolezza. Tuttavia, in molti casi, l’uscita dalla negazione avviene spontaneamente, dopo alcune sessioni, per esempio quando il coach fa presente al suo cliente che passa molto tempo a lamentarsi.

3. La responsabilità

Uscire dalla negazione spesso comporta una prima reazione di colpa rispetto a se stessi: “Come ho fatto a non accorgermene prima? “; “Ero stupido? ” E a volte un senso di colpa rispetto agli altri: “Come ho fatto a non accorgermi che ferivo quella persona?” Questo momento è difficile e delicato. E ‘quindi necessario spiegare la distinzione tra responsabilità e colpa.

Il senso di colpa è rivolto verso il passato e serve a farci sentire infelici. Può essere schiacciante, ma è ancora un’altra manifestazione di negazione e un pretesto di non-azione, perché ci evita di vedere noi stessi come attori nella nostra vita.

La responsabilità è rivolta al futuro. Consente di passare da una situazione in cui tutte le disgrazie del mondo si sono abbattute su di noi a una situazione in cui si dice: “La situazione è davvero difficile, ma non c’è nessun altro che la può cambiare, anche solo in parte, tranne me”.

Questa consapevolezza della propria responsabilità è una tappa importante, anche se difficile, nello sviluppo della propria personalità. Essere responsabili significa che non ci possiamo lamentare (se non per sfogarci!), o sperare che un salvatore esterno (mia moglie, la mia famiglia, i miei amici, il destino, Dio …) venga a tirarci fuori dalla situazione difficile. Sentirsi responsabile permette di capire e agire, in quanto salvatori di noi stessi.

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