Innanzitutto, BUON ANNO! Siamo nel 2020 e mentre brindiamo e scambiamo promesse e buoni propositi, fermiamoci un momento e assicuriamoci che la direzione della nostra vita rispecchi davvero dove vogliamo andare.
Che cos’è il successo?
Cominciamo con un piccolo gioco. Ti invito a chiudere gli occhi e pensare alla parola SUCCESSO. Onestamente, senza cadere in una definizione politicamente corretta della parola né pensare troppo: quali immagini, suoni, parole, sensazioni ti vengono in mente?
Se sei come la maggior parte delle persone, queste visioni saranno probabilmente diverse da come idealmente vorresti che fossero secondo i canoni di un essere umano illuminato. Saranno invece più legate a beni materiali, status, potere e celebrità.
Nessuna sorpresa, data l’immagine di successo che ci viene continuamente proposta. Ma il significato originale della parola “successo” è molto diverso da quella immagine e molto meno legato a un sistema di valori. Nella sua forma originaria, significa “fare qualcosa di buono”, “eccellere in qualcosa”, ottenere un risultato positivo dalle nostre azioni. Se andiamo ancora più in profondità, vediamo che, etimologicamente, la parola successo deriva dal latino successus -us, participio passato del verbo succedĕre (sec. XVI) – da “sub” (sotto) e “cedere” (andare), quindi significa “andare sotto”, in altre parole “accadere” come conseguenza di una serie di circostanze: azioni intenzionali ma anche eventi inaspettati. Quindi, il successo, nella sua forma più pura, ci parla di qualcosa che “risulta” da una serie di fattori, una miscela di abilità, preparazione, capacità ma anche buona fortuna e avvenimenti accidentali[1].
La pressione che esercitiamo su noi stessi
Come prima cosa però, dimentichiamoci della sorte. Mai come oggi infatti, le aspettative di ciò che dovremmo ottenere nell’arco della nostra vita sono alte. Ci viene detto che chiunque può fare qualsiasi cosa, se lo desidera. Viviamo nell’“illusione della meritocrazia”, per citare il filosofo Alain de Botton, dove non solo riteniamo che le possibilità di scalare la vetta siano infinite, ma anche che, poiché è possibile, dobbiamo farlo, nel modo in cui ci dicono di farlo.
Il lato oscuro della meritocrazia – che significa che se meriti qualcosa, la otterrai – è che se non la ottieni, significa che non te la sei meritata. Questa logica crudele ignora completamente qualsiasi componente circostanziale che sappiamo invece essere una parte imprescindibile della nostra vita, cancella dall’equazione qualsiasi intervento di sorte, destino o casualità, a seconda di ciò in cui crediamo. Si può arrivare al paradosso che colui che una volta era una persona “sfortunata”, qualcuno che si trovava in circostanze miserabili e che dunque si doveva aiutare con compassione, in questi tempi di spietata meritocrazia finisce per “meritare” la sua posizione ed essere considerato un “perdente”, da cui stare alla larga.
Per la prima volta nella storia, in quest’era secolare, la nostra vita non è più nelle mani di Dio, qualunque cosa significhi per noi “Dio”, ma siamo in quello che è stato definito Antropocene: un momento storico in cui gli umani, con il loro impatto e la loro tecnologia, sono il fattore principale di cambiamento sul pianeta. Siamo al posto di guida, quindi è più importante che mai essere sicuri di guidare nella giusta direzione, almeno per essere fedeli a noi stessi e alla nostra definizione di successo.
Non puoi avere tutto (quindi, adesso rilassati)
Iniziamo liberandoci da almeno uno dei miti contemporanei che ci fanno il lavaggio del cervello. Dalla cultura Pop ai libri di auto-aiuto di tipo “se vuoi, puoi”, ci viene continuamente detto che “possiamo avere tutto”, possiamo far funzionare tutto, possiamo essere la madre/padre, il marito/moglie perfetti, orientati alla carriera, senza un capello fuori posto, raffinati, colti, con una certa sensibilità artistica, mai stanchi, consapevoli, calmi e rilassati.
Siamo continuamente bombardati da questo tipo di messaggi, che a livello inconscio gettano il seme per una misura impossibile di successo che poi impazziamo per raggiungere. Quindi diciamolo una volta per tutte: nessuno può avere successo in tutto, e sicuramente non sempre, indipendentemente da ciò che ci dicono. Il tempo per la famiglia paga spesso il prezzo di una carriera brillante ad esempio, ed è difficile essere popolari mantenendo una incrollabile integrità.
La buona notizia è che possiamo scegliere quali sono le nostre priorità, cercando di essere onesti e non giudicarci troppo, mentre bisogna prepararsi a lasciare andare qualcosa nel nome di ciò che abbiamo stabilito essere la nostra priorità. Per raggiungere il “nostro successo”, infatti, dobbiamo essere pronti a sacrificare qualche aspetto che potrebbe essere molto importante per noi.
Ora, immaginiamo se a un certo punto scoprissimo che abbiamo fatto questo sacrificio nel nome di una priorità che era di qualcun altro piuttosto che nostra!
Per chi lo sto facendo?
Gli psicologi ripetono costantemente che quasi tutto ciò che ci caratterizza nel presente è influenzato dal nostro passato e dal condizionamento a cui siamo stati sottoposti durante la crescita. Se seguiamo questa direzione, è inevitabile iniziare a riflettere sull’origine della nostra idea di successo. Queste idee, infatti, molto spesso non sono le nostre, o almeno non inizialmente. Siamo più “aperti ai suggerimenti” di quanto vorremmo pensare e, al fine di comprendere più a fondo chi siamo e a cosa teniamo, una società accelerata fatta di giudizi immediati e supposizioni laser non aiuta sicuramente.
Generalmente infatti, ci facciamo un’idea delle persone (e loro si fanno un’idea di noi) molto velocemente, posizionandole tra due coordinate come su un piano cartesiano. Principalmente, tendiamo a prendere una piccola noce di informazioni (di solito quelle che confermano i nostri pregiudizi) e a farne l’intera immagine della persona di fronte a noi per poi, su quella base, decidere quanta attenzione, rispetto e tempo siamo disposti ad accordarle.
Questa rigidità di giudizio che si avvale di un pugno di categorie, ci serve a rimanere dentro determinati standard, parte di un codice di valori evidente e misurabile e accettato dalla società. La carriera è di solito la misura di valore più accettata, e quindi ciò con cui spesso ci identifichiamo. Non c’è da stupirsi che ci crei ansia: emotivamente, il biglietto da visita e il profilo LinkedIn diventano un simbolo della nostra importanza.
Trovare la nostra verità
“La paura è una reazione naturale quando ci si avvicina alla verità”
Pema Chödron, monaca buddhista
Parlando di verità, possiamo iniziare col dire che probabilmente nessun successo sarà così appagante come potremmo pensare. E non solo per l’incapacità di prevedere esattamente la gratificazione che otterremo, ma anche perché cambiamo costantemente e le nostre esigenze e priorità evolvono continuamente. Ancora una volta, in questo mare magnum di incertezza, la soluzione torna ad essere quella di riprendere contatto con noi stessi. E questo significa fermarsi, ascoltare e osservare.
Il nostro corpo è più saggio della nostra mente, la nostra intuizione, i gesti spontanei e i momenti in cui ci sentiamo così connessi da fare qualcosa che ci sorprende, così come le nostre paure, possono essere i messaggi più puri che riceviamo.
Il consiglio è quindi di imparare ad ascoltare segnali come:
– Non senti alcun interesse per qualcosa che ti ha motivato in precedenza.
– Senti un aumento di energia alla prospettiva di iniziare o interrompere il tuo coinvolgimento in un progetto.
– Cosa ti dà una sensazione di espansione e cosa ti fa contrarre.
– Cosa ti fa rilassare o ti dà un formicolio eccitante e cosa ti rende rigido e paralizzato.
E magari porsi domande come:
– Dando per scontato che PUOI fare qualcosa, VUOI farlo?
– Perché lo stai facendo?
– Per chi lo stai facendo?
– Da quali attività ti trovi attratto con gioia, ripetutamente, scivolando verso di esse senza neanche accorgertene?
– Cosa ti fa ridere? E cosa ti fa accigliare?
E sii sincero, non ti sente nessuno 😉!
Scritto da Anna Gallotti e Selika Cerofolini
FONTI
Alain de Botton, A Kinder, Gentler, Philosophy of Success, TED Global 2009.
A.C. Shilton, You Accomplished Something Great. So, Now What? The New York Times, 28 maggio 2019.
Daniel T. Gilbert et al., Immune Neglect: A Source of Durability Bias in Affective Forecasting, Journal of Personality and Social Psychology, 1998, Vol. 75, N. 3, American Psychological Association.
The World Happiness Report, The Hearth Institute at Columbia University, 1 aprile 2012.
David Deida, The Way of the Superior Man, Sounds True Editions, 2017.
Pema Chödron, When Things Fall Apart, Shambala Publications, 2016.
[1] Treccani Dictionary, http://www.treccani.it/vocabolario/successo2/